Terzo Brahmana
1. Un giorno Yajnavalkya andò in visita da re Janaka, imperatore dei Videha, pensando di non dirgli nulla. Quindi dopo che i due ebbero parlato per un pò del fuoco sacrificale, Yajnavalkya offrì al suo ospite di esprimere un desiderio. Il re chiese di potergli porre qualsiasi quesito volesse, e Yajnavalkya mantenne la sua promessa di esaudirlo. Così il re espresse la prima domanda.
2. "Yajnavalkya, di quale luce si serve l'uomo?" " Della luce del sole, o re" rispose Yajnavalkya "Nella luce del sole l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa" "Proprio così, Yajnavalkya".
3. "Ma quando il sole tramonta, Yajnavalkya, di quale luce può servirsi l'uomo?" "Della luce della luna" rispose Yajnavalkya "Nella luce della luna l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa" "Proprio così, Yajnavalkya".
4. "Ma quando il sole e la luna sono tramontati, di quale luce può servirsi l'uomo?" "Della luce del fuoco" rispose Yajnavalkya "Nella luce del fuoco l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa" "Proprio così, Yajnavalkya".
5. "Ma quando il sole e la luna sono tramontati e il fuoco è spento, Yajnavalkya, di quale luce può servirsi l'uomo?" "Della luce della parola" rispose Yajnavalkya "Nella luce della parola l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa. Perciò, o gran re, quando neppure è possibile vedere la propria mano, ci si orienta seguendo le voci" "Proprio così, Yajnavalkya".
6. "Ma quando sole e luna sono già tramontati, il fuoco si è spento e le voci tacciono, Yajnavalkya, di quale luce può servirsi l'uomo?" "Della luce del suo stesso Sé [Atman]" rispose Yajnavalkya "Nella luce del suo stesso Sé l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa" "Proprio così, Yajnavalkya".
7. "Cos'è l'Atman?" "Questo essere infinito (Purusa) che è identificato con l'intelletto e risiede al centro degli organi, quella luce auto-risplendente situata all'interno del cuore. Assumendo le sembianze di intelletto, si muove attraverso i mondi; pensa, come se lo fosse e si muove come se lo fosse. E identificato con questo sogno, varca questo mondo e trascende le forme mortali.
8. Questo, quando nasce e acquisisce un corpo, si unisce al dolore; quando muore o abbandona il corpo, si scioglie dal dolore.
9. Questo abita due stati, quello del mondo e quello ultraterreno. Il sogno, che è il terzo, è quello che li congiunge entrambi. In tale stato intermedio egli vede i due stati, quello terreno e l'ultraterreno. Ricercando di raggiungere lo stato ultraterreno, ottiene la visione del dolore e della gioia. Durante il sogno egli porta con sé una parte delle impressioni della veglia, prive del loro corpo materiale, e dà loro un corpo di sogno, essendo lui stesso la luce che crea e plasma il mondo dei sogni. In questo stato egli è la luce di cui si serve.
10. Là non esistono carri, né animali da aggiogare, né strade, ma egli crea i carri, gli animali e le strade. Là non vi sono piaceri, né gioie, né godimenti, ma egli crea i piaceri, le gioie e i godimenti. Là non ci sono né laghi, né fiumi, né stagni, ma egli crea i laghi, i fiumi, gli stagni. Perché è lui il creatore.
11. A questo proposito si citano le strofe: "L'infinito essere radiante (Purusa) solitario, abbandona il corpo materiale nello stato di sogno e restando sveglio, porta con sé le funzioni degli organi sensoriali, per guardare coloro che dormono. E ancora poi ritorna nello stato di veglia.
12. L'infinito essere radiante e solitario, lascia il respiro a proteggere il suo nido (il corpo), e vola via da esso, andando, l'Immortale, ovunque vuole.
13. Nel sogno, l'essere splendente, sperimenta stati elevati e volgari, assumendo innumerevoli forme. Sembra divertirsi in compagnia di donne, o ridere, o vedere cose spaventose.
14. Tutto ciò che si vede è il suo gioco, ma nessuno può vedere lui stesso." Perciò si dice: "Non svegliatelo di soprassalto" Poiché se non trova la strada del ritorno, difficilmente potrà guarire. Altri dicono che lo stato di sogno sia identico allo stato di veglia, perché egli vede le stesse cose che vede quando è desto. Ma nello stato di sogno l'uomo si serve di sé stesso come luce." "Signore, ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
15. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il male nello stato di sogno, egli si abbandona allo stato del sonno profondo, e rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di sogno. Egli non è toccato da quanto vede nel sogno, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
16. "Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di veglia. Egli non è toccato da quanto vede nella veglia, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
17. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il male nello stato di veglia, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di sogno.
18. Come un grande pesce nuota da una riva all'altra del fiume, così l'Essere Infinito passa dall'uno all'altro stato, la veglia e il sogno. 19. Come un'aquila o un falco, volando in cielo, infine ripiegano le ali, stanchi, e ritornano la nido, così l'Essere Infinito ritorna infine a quello stato di sonno profondo ove non prova più desideri e non vede più sogni.
[...]
21. In questa forma, al di là dei desideri, egli è libero dal dolore e dalla paura. Come un uomo, abbracciato alla donna amata, non conosce più nulla altro, né interno né esterno, così l'Essere Infinito, il Sé, completamente avvolto nel Supremo Sé, non conosce altro, né esterno, né interno. In questa forma ogni desiderio è stato appagato nel Sé, ed egli è perciò libero da brame e da angustie.
22. In questo stato un padre non è un padre, una madre non è una madre, non esistono i mondi, non gli dei, né i Veda. In questo stato un ladro non è più un ladro, neppure l'assassino è un assassino, non esiste il Chandala o il Pulkasa, non esiste il monaco o l'eremita. Questa forma non è toccata dalle opere buone né dalle opere malvagie, poiché è la di là di ogni tormento del cuore.
23. Sebbene in questo stato nulla vede, non cessa di essere colui che vede; la visione dell'osservatore non può essere perduta, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere veduto.
24. Sebbene in questo stato nulla fiuta, non cessa di essere colui che fiuta; l'olfatto di colui che fiuta non può essere perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere fiutato.
25. Sebbene in questo stato nulla gusta, non cessa di essere colui che gusta; il gusto di colui che assapora non può essere perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere gustato.
26. Sebbene in questo stato nulla dice, non cessa di essere colui che parla; la parola di colui che parla non può essere perduta, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere detto.
27. Sebbene in questo stato nulla ascolta, non cessa di essere colui che ascolta; l'udito dell'ascoltatore non può essere perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere udito.
28. Sebbene in questo stato nulla pensa, non cessa di essere colui che pensa; il pensiero di colui che pensa non può essere perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere pensato.
29. Sebbene in questo stato nulla tocca, non cessa di essere colui che tocca; il tatto di colui che tocca non può essere perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere toccato.
30. Sebbene in questo stato nulla conosce, non cessa di essere colui che conosce; la conoscenza di colui che conosce non può essere perduta, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto separato da lui che possa essere conosciuto.
31. Dove ci sia un oggetto separato, qualcosa può essere veduto, odorato, assaggiato, detto, udito, pensato, toccato, o qualcosa può essere conosciuto.
32. Ma egli, come l'acqua è trasparente, uno, il solo testimone, senza secondo. E' questo lo stato di Brahman, o Re." Quindi Yajnavalkya insegnò a Janaka: " Questa è la meta suprema, la gloria suprema, la suprema beatitudine. Solo una piccola parte di questa beatitudine è conosciuta dagli altri esseri.
33. Colui che è fisicamente perfetto e più fortunato tra gli uomini, colui che li governa, e colui che più dispone delle facoltà umane, rappresenta il più grande tra gli uomini. Questa felicità umana moltiplicata cento volte equivale a una sola gioia dei Mani che hanno raggiunto il mondo loro destinato, e cento gioie dei Mani equivalgono a una sola gioia dei ministri celesti (Gandharva). Cento volte la gioia dei Gandharva è la singola gioia di coloro che hanno guadagnato il cielo degli Dei in seguito ai loro meriti. E cento volte la gioia di coloro che sono divenuti dei per i loro meriti è la gioia degli Dei nati e di coloro che conoscono i Veda, che sono senza peccato e senza desideri. Cento volte la gioia degli Dei nati è la gioia del mondo di Prajapati (Viraj) e di coloro che conoscono i Veda, che sono senza peccato e senza desideri. cento volte la gioia del mondo di Prajapati è la gioia del mondo di Hiranyagarbha e di coloro che conoscono i Veda, che sono senza peccato e senza desideri. Questo è il mondo di Brahman, o re." concluse Yajnavalkya. Ma il re lo incalzava: "" Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione". Allora Yajnavalkya ebbe timore che il suo intelligente re lo stesse facendo uscire dai limiti delle sue prudenti conclusioni.
34. Allora Riprese: " Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di veglia.
35. Come un carro dal carico molto pesante cammina cigolando, così l'individuo incarnato sotto il peso del Supremo Sé, soffre quando il respiro diventa difficoltoso.
36. Quando questo corpo si fa emaciato, per via degli anni e delle malattie, come un mango, un fico o una bacca si stacca dal ramo, così questo Essere Infinito si separa dal corpo e di nuovo riprende il cammino, per la stessa strada da cui è venuto, per poter dispiegare ancora il suo respiro.
37. Proprio come quando giunge un re, i vassalli, gli scudieri e i capi dei villaggi gli si fanno incontro con doni e offerte di cibo, bevande e alloggio dicendo "Eccolo, eccolo che arriva", così avviene per colui che ha compreso quale sarà il risultato del proprio lavoro, che tutti gli organi lo accolgono: "Il Brahman arriva, il Brahman viene!"
38. E come i vassalli, gli scudieri e i capi si fanno attorno al re quando è giunto il momento che riparta, così appunto gli organi vitali si raccolgono attorno l'uomo che sta per morire, quando il respiro diventa faticoso.
Quarto Brahamana
1. Quando l'ente diventa debole e pare privo di conoscenza, tutti i sensi si raccolgono in lui. Riassorbite completamente queste particelle di luce, egli perviene al proprio cuore. E quando l'essere che risiede nell'occhio si ritrae da ogni direzione, si spengono tutti i colori.
2. Allora si dice che egli non vede, non fiuta, non gusta, non parla, non ode, non pensa, non tocca, non conosce perché le sue facoltà si sono unificate. La sommità del cuore risplende e da questo punto luminoso di diparte il sé, attraverso l'occhio o attraverso la sommità del capo o da qualunque altro punto del corpo. E con lui dipartono le forze vitali, e con esse tutti gli organi di senso. Quindi, secondo la consapevolezza che è in lui, egli va verso il corpo che ad essa è collegato. In questo lo seguono le sue passate conoscenze, le sue opere e la sua maturata esperienza.
3. Come un bruco passando oltre l'estremità di un ramo, sale sopra un altro e qui si raccoglie, così il sé individuale getta via un corpo, lasciandolo privo di sensi, per prendere un altro supporto e lì trovare sé stesso.
4. Come l'orefice con la materia di un vecchio ornamento d'oro plasma in una nuova forma più bella, così il sé individuale si libera di un corpo, lasciandolo privo di sensi, e prende una nuova forma, nuova e più bella, simile a quella dei Mani, dei Gandahrva, degli Dei, di Viraj, di Hiranyagarbha o di altri esseri.
5. In verità questo sé individuale è Brahman, che si identifica con l'intelletto, la mente e le forze vitali, con gli occhi o con gli orecchi, con la terra, l'acqua, l'aria, l'etere, e con quello che è oltre il fuoco, con il desiderio e con l'assenza di desiderio, con l'ira e con la calma, con la rettitudine o con la malvagità, con tutto; è identificato, infatti, in tutto questo che è percepito e con tutto quello che è inferito. Così come agisce, tale diviene; facendo il bene diventa bene, compiendo il male diviene il male; diviene virtuoso attraverso le buone azioni così come diviene malvagio attraverso azioni malvagie. Perciò si dice anche: "Il sé individuale è fatto di desiderio. Quanto che desidera, decide; ciò che decide attua; e quanto mette in atto, ottiene".
6. A questo proposito dice una strofa: "Provando attaccamento, e lavorando in tale direzione, ottiene i risultati verso cui tendeva la mente attraverso l'attaccamento. Esauriti i risultati per cui ha lavorato in vita, egli ritorna dall'altro mondo per iniziare un nuovo lavoro". Questo è detto degli uomini soggetti al desiderio e alla trasmigrazione. Ma gli uomini che non hanno desideri non subiscono la trasmigrazione. Colui che è privo di desideri, che è privo di attaccamenti, i cui oggetti sono stati ottenuti e risolti, e per il quale tutti gli oggetti sono risolti nel Sé, non è abbandonato dalle forze vitali. Essendo egli stesso niente altro che Brahman, si risolve completamente nel Brahman.
7. A questo proposito dice una strofa: "Quando tutti i desideri che albergano nel cuore sono dileguati, allora il mortale diviene immortale e realizza il Brahman in questa vita". Come la pelle staccata da un serpente dopo la muta cade e viene abbandonata a terra, così giace questo corpo. E quando l'ente diventa incorporeo e immortale, diventa il respiro del Sé Suremo, Brahman, la luce. "Ti darò altre mille vacche, signore" disse allora Janaka, re dei Videha.
8. A questo proposito dice una strofa: "Ho percorso l'antica, lunga e sottile strada che conduce a me stesso. Ora l'ho realizzato. Per essa i saggi conoscitori del Brahman raggiungono la liberazione, dopo essere discesi nel corpo mortale, e divengono liberi in questa vita. 9. Alcuni dicono sia bianco, altri blu, grigio, verde o rosso. Questo cammino può essere realizzato dal conoscitore del Brahman e da coloro che compiendo giuste azioni si sono identificati con la Suprema Luce.
10. Entrano invece in una fitta tenebra coloro che venerano il rito compiuto nell'ignoranza. Una tenebra ancora più fitta di quella destinata a quelli che venerano la conoscenza cerimoniale.
11. Miserabili sono i mondi generati da tale cieca ignoranza. Ad essi, dopo la morte, vanno coloro che non hanno ricercato la vera conoscenza e la saggezza.
12. Se un uomo conosce il Sé come "Io sono quello", per quale desiderio o per quale volere dovrebbe soffrire il proprio corpo terreno? 13. Colui che ha realizzato e conosciuto profondamente il vero Sé ha superato i confini pericolosi e inaccessibili del corpo, ed è il creatore dell'universo intero, poiché tutto è il suo stesso Sé, ed egli è quello stesso Sé di tutto.
14. Dobbiamo conoscere il Brahman mentre siamo in questo corpo, altrimenti saremo vissuti nell'ignoranza e andremo incontro alla nostra rovina. Coloro che Lo conoscono divengono immortali, mentre gli altri ottengono soltanto dolore.
15. Se un uomo realizza direttamente il Sé, Dio Signore del passato e del futuro, non ha più desiderio di nascondersi da Lui.
16. Colui al di sotto del quale ruotano gli anni e i giorni, è quell'immortale Luce di tutte le luci che perfino gli Dei meditano come vita immortale. 17. Quello su cui sono posti i cinque elementi e l'etere sottile, quello è il vero Atman che io riconosco come il Brahman immortale. E conoscendo Quello io sono immortale.
18. Colui che ha conosciuto la Forza Vitale della forza vitale, l'Occhio dell'occhio, l'Orecchio dell'orecchio, la Mente della mente, ha realizzato l'antico, primordiale Brahman.
19. Che ciò sia ben realizzato dalla mente. Non vi è differenza alcuna, né parte in Quello. Va di morte in morte colui che vede delle differenze in Quello.
20. Deve essere realizzato quale unità di ogni forma, quello che è inconoscibile ed eterno. Il Sé è senza forma, al di là dell'etere sottile, senza nascita, infinito e costante.
21. Il saggio aspirante alla conoscenza del Brahman, conoscendo solo questo, dovrebbe ottenerne la consapevolezza intuitiva. Questi non si attardi al pensiero di molte parole, non si affatichi per la facoltà di esprimersi.
22. Il grande Sé increato, che si identifica con la mente e con il centro delle facoltà, riposa nello spazio all'interno del cuore. E' l'Ordinatore Interno di tutto ciò che esiste, il Signore e il Regolatore di tutto. Non cresce mediante le buone azioni e non è sminuito dalle cattive. E' il Signore di tutti gli esseri, l'Ordinatore di tutti gli esseri, il Protettore di tutti gli esseri. E' la diga che trattiene i mondi dal precipitare nel caos. I Brahmani cercano di conoscerlo attraverso lo studio dei Veda, i sacrifici, la carità e la rinuncia al godimento degli oggetti dei sensi. Colui che Lo conosce diviene saggio, i monaci, desiderando di conoscerlo in questa vita, abbandonano le loro case. Gli antichi saggi, infatti, non desideravano avere figli poiché pensavano:"Cosa ancora potremmo ottenere dai figli, se abbiamo realizzato il Sé già in questa vita". Così, è detto, essi rinunciarono al desiderio di prole, di ricchezze mondane e condussero vita da mendicanti. Poiché è il desiderio di figli che è anche desiderio di ricchezza, e questo è il desiderio di mondi, ma tutti questi non sono altro che bramosia. Questo Sé è Quello di cui è detto "Non questo, Non questo". Esso è impercettibile, poiché non può essere percepito; indistruttibile, poiché non può essere distrutto; inattaccabile, perché nulla lo può attaccare; libero, saldo, illeso. Come il saggio non può essere sopraffatto dai due pensieri: "ho fatto la cosa giusta; ho fatto la cosa sbagliata" poiché li sovrasta entrambi. Le cose compiute e quelle che ha omesso di fare non lo angustiano.
23. Ciò è espresso nell'inno che dice: "L'eterna gloria del conoscitore del Brahmam non cresce e non è sminuita dalle opere. Perciò si ricerchi di comprendere la natura di questo soltanto, poiché conoscendola non si è più macchiati da alcun peccato" Dunque colui che così conosca acquisti saldo controllo di sé, e calmo, raccolto in sé stesso, saldo e concentrato, comprenda il Sé nel suo stesso sé; così facendo egli perviene a vedere il Sé in tutto. Il Male non trionfa su di lui, ma lui trascende ogni male. Il male non lo mette in difficoltà, poiché lui consuma ogni male. Egli diviene senza peccato, senza forma, libero da ogni dubbio e un vero conoscitore del Brahman. questo è il mondo del Brahman, o re, e tu l'hai conquistato", concluse Yajnavalkya. E il re "Ti darò l'impero dei Videha, signore, e me stesso per poterti servire".
24. Quel grande Sé increato è Colui che mangia il cibo ed è Colui che dispensa le ricchezze. Colui che questo conosce riceve ricchezza.
25. Quel grande Sé increato non invecchia, non muore, non conosce paura ed è il Brahman infinito. In Brahman infatti non vi è timore di nulla, e chi conosce questo non prova timore di nulla. [...]