II. Vaitathya Prakarana
[Irrealtà degli oggetti esterni negli stati di veglia e di sonno]
II-1. I saggi affermano l'irrealtà degli oggetti percepiti nei sogni per il fatto che essi sono situati all'interno del soggetto e confinati entro uno spazio limitato.
II-2. Nel breve tempo del sogno, il soggetto non si reca realmente nei luoghi che vede. Infatti, al risveglio, egli non si trova nei luoghi visitati nel sogno.
II-3. La non realtà del carro e degli altri oggetti percepiti nel sogno è dimostrata dalla Sruti attraverso il ragionamento. I conoscitori del Brahman dicono che l'irrealtà dei sogni è esposta dalla Sruti, e quindi riconosciuta mediante la ragione.
II-4. Anche gli oggetti percepiti durante lo stato di veglia sono irreali, come quelli percepiti nei sogni; i sogni differiscono soltanto per il fatto di esistere unicamente nello spazio limitato del soggetto dormiente.
II-5. I saggi affermano che il sogno e la veglia sono da considerare identici, poiché, dal punto di vista dell'inferenza, si verifica in entrambi la percezione di oggetti.
II-6. Ciò che non è reale al suo inizio e alla fine, tale sarà anche nel mezzo. Sebbene gli oggetti percepiti [nella veglia] non siano reali, appaiono come se lo fossero.
II-7. La loro utilità è falsificata dai sogni. Poiché essi hanno inizio e fine, sono considerati irreali.
II-8. La visione di oggetti inusuali nei sogni è dovuta alle attitudini del sognatore, come il paradiso per i devoti. Si perviene a tali percezioni così come si conosce questo mondo e secondo il nostro grado di istruzione.
II-9. Perfino nei sogni si ritiene irreale ciò che si avviene all’interno della mentre, e si ritiene reale ciò che appare esistente al di fuori. Eppure sono entrambi irreali.
II-10. Così nello stato di veglia si crede irreale ciò che viene percepito all'interno della mente, mentre si considera reale ciò che sembra esistente al di fuori di essa. Però si può ragionevolmente affermare che nessuno dei due sia reale.
[Natura della percezione nei due stati]
II-11. Se gli oggetti percepiti nei due stati sono entrambi irreali, chi osserva tali oggetti e chi li crea?
II-12. Per la potenza della sua Maya, il Sé luminoso immagina Se stesso per mezzo di Se stesso, ed Egli solo è il Conoscitore di tutto. Questo è quanto afferma il Vedanta.
II-13. Il Signore immagina le diverse forme del mondo che sono note alla mente. Quando la mente si rivolge all'esterno, Egli esperisce gli oggetti che sono relativamente permanenti nel mondo e quelli del tutto impermanenti. E' dunque il Signore a immaginarne la forma.
II-14. Le cose che esistono all'interno della mente per il tempo che perdura un pensiero, come gli oggetti che si percepiscono esternamente e la cui durata è riferibile a due momenti nel tempo, sono semplici processi dell’immaginazione. Non vi è tra loro alcuna differenza.
II-15. Gli oggetti che si percepiscono a livello soggettivo e appaiono invisibili, quanto quelli che sembrano essere oggettivamente visibili, sono entrambi semplice immaginazione e differiscono soltanto per gli organi di senso coinvolti.
II-16. Tra i primi si immaginano gli Jiva [enti individuali] e poi i vari oggetti, esterni e interni. In relazione alla conoscenza acquisita, si ha memoria delle cose.
II-17. Come una corda nella penombra si può scambiare per un serpente o un rivolo d'acqua, così il Sé è immaginato [in varie forme].
II-18. Quando la corda è invece riconosciuta, l'illusione scompare e la corda si mostra come tale, così è per il Sé non duale.
II-19. Il Sé è immaginato come il Prana e infiniti altri oggetti. Tale è Maya che il Sé risplendente è come se ne venisse illuso.
[Diversi punti di vista sulla natura del Reale]
II-20. I conoscitori del Prana ritengono che il Prana sia la realtà, così i conoscitori degli elementi ritengono gli elementi la realtà, e i conoscitori delle qualità, le qualità, o le categorie per coloro che conoscono le categorie.
II-21. I conoscitori dei quarti [pada] identificano con i Pada la realtà, mentre coloro che conoscono gli oggetti dei sensi attribuiscono a questi la realtà; i conoscitori dei mondi spiegano la realtà mediante i mondi, e i conoscitori degli Dei mediante gli Dei, quali realtà ultime.
II-22. I conoscitori dei Veda indicano nei Veda la realtà, come i sacerdoti vedono la realtà nei sacrifici; e quelli che hanno conosciuto il fruitore dei sensi lo ritengono reale, così quelli che invece hanno familiarità con gli oggetti dei sensi vedono in essi la realtà.
II-23. I conoscitori della sfera degli oggetti sottili intendono che questi siano la realtà, e similmente quelli che sono a conoscenza degli oggetti grossolani, credono che questi siano la realtà; quelli che credono in un Dio-persona, dotato di forma, ritengono che quella forma sia la realtà, così quelli che adorano il Senza-forma ritengono la realtà priva di forma.
II-24. Gli studiosi dei mutamenti temporali ritengono il tempo realtà, mentre i conoscitori delle direzioni dello spazio intendono tali direzioni il fondamento della realtà; quelli che amano la discussione credono che mediante essa si giunga alla realtà, mentre quelli che aspirano ad altri mondi li considerano la realtà.
II-25. I conoscitori della mente [manas] ritengono che la mente sia il Sé, mentre i conoscitori dell'intelletto [Buddhi] chiamano realtà la Buddhi; quelli che conoscono le facoltà del cuore, ascrivono ad esse la realtà, così i conoscitori di dharma e adharma [virtù e vizio] la attribuiscono ad essi.
II-26. Alcuni affermano che venticinque categorie costituiscano la realtà, altri parlano di ventisei; altri ancora che vi siano trentuno categorie a costituire la realtà, mentre altri affermano che siano infinite.
II-27. Coloro che conoscono le relazioni umane trovano che in esse sia la realtà, quelli che osservano le stagioni della vita guardano ad esse come alla realtà; i grammatici indicano la realtà secondo le parole e i generi maschile, femminile e neutro, mentre altri conoscono la realtà come supremo e non supremo Brahman.
II-28. Gli assertori della creazione considerano realtà la creazione, mentre gli assertori del dissolvimento indicano nel dissolvimento la realtà, e coloro che credono nella conservazione pensano alla conservazione come realtà. Tutte queste idee vengono sovrapposte al Sé.
II-29. Colui che viene istruito su un oggetto [dal Maestro] vedrà solo quello [come realtà]. E tale oggetto, divenendo tutt'uno con lui, lo proteggerà. Questa condizione culmina con l'identità del conoscitore e dell'oggetto conosciuto.
II-30. Attraverso tali oggetti non-separati dal Sé, questo Sé sembra manifestarsi separato. Colui che conosce questo comprende la verità delle Scritture senza riserve.
[Vera natura della Realtà]
II-31. Come i sogni e come le illusioni di un mago, come la città che appare formarsi tra le nubi, si ritengono non reali, così è ritenuto irreale questo mondo, secondo i saggi che hanno compreso il Vedanta.
II-32. Non vi è nascita né dissoluzione, nessuno che sia in schiavitù, nessuno che aspiri alla liberazione, né qualcuno che sia liberato. Questa è la verità suprema.
II-33. Questo stesso Sé viene immaginato nella forma degli oggetti non reali o realizzato come non duale. Tutte immagini sono proiettate nella non-dualità; dunque il non duale è il sommo bene.
II-34. Questo mondo è percepito sul fondamento del Sé, dunque non ne è differente. Neppure può esistere indipendentemente da esso, né esiste qualcosa di differente o di non differente [dal Sé]. Questo affermano i conoscitori della Verità.
II-35. Questo Sé non duale che è al di là dell'immaginabile, in cui il mondo fenomenico smette di esistere, viene realizzato da quei saggi che sono liberi da ogni attaccamento, paura e risentimento e che sono profondi conoscitori dei Veda.
II-36. Dunque, compreso quanto sopra, si fissi la mente nella contemplazione del non-duale. Realizzato il Sé non-duale, il saggio si comporta agli occhi del mondo come fosse tardo di intelletto.
II-37. L'asceta sia libero dalle lodi, dagli onori e dai rituali. Il corpo e il Sé siano i suoi soli supporti e trovi sostentamento in ciò che gli offre la sorte.
II-38. Dopo che si è conosciuta la verità dentro e fuori di sé, si diviene completamente identificati con essa, da essa si riceve completa beatitudine, e mai si può deviare dalla verità.