Bhagavad Gita

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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

"Bhagavad gita" significa "Il canto del beato". Si tratta di un antico testo indiano, che narra del dialogo tra il principe-guerriero Arjuna e il Dio Krishna sul campo di battaglia di Kuruksetra. L'antefatto, narrato nel Mahabaratha, è quello di una faida famigliare che porta Arjuna e i suoi fratelli ad essere defraudati del proprio regno. Al momento della guerra, Arjuna sceglie di allearsi a Krishna, che gli si offre come auriga. Ma di fronte alla propria famiglia schierata per la battaglia, Arjuna è assalito dal dubbio... Il dialogo tra il principe e il Dio è la summa della più antica tradizione filosofica indiana. In esso sono illustrati i diversi cammini, le regole dell'agire spirituale, il fervore del mistico, la disciplina dell'asceta - perché in tutti è il seme della verità, come infinti sono i volti di Dio. 

La Bhagavad Gita, o il Canto (Gita) del Beato (Bhagavan), nota anche in forma abbreviata come Gita, si trova ne VI libro del Mahabharata, la grande epopea indiana. Essa forma un episodio della gigantesca opera che racconta la storia di una guerra dinastica avvenuta in tempi remoti nell'India settentrionale, tra due rami della stirpe regnante di Hastinapura, i Pandava, legittimi sovrani, e i Kaurava usurpatori.
Questo poema ha come protagonisti uno dei contendenti, Arjuna, della famiglia dei Pandava, e Krishna, nobiluomo di un regno confinante, amico di entrambi i rivali e della sua alleanza con Arjuna. Krishna, imparziale, secondo i desideri espressi dai due principi, offre il suo esercito al capo dei ribelli nemici e si affianca personalmente ad Arjuna come auriga del suo carro nella battaglia. Mentre gli eserciti si schierano e iniziano il rituale che precede lo scontro, Arjuna si fa portare dall'auriga Krishna in mezzo alle due armate per osservarle. Qui, alla vista di amici, parenti e maestri che attendono la morte in battaglia, dichiara a Krishna di voler desistere dalla guerra, in preda all'emozione e al timore di sovvertire l'ordine etico. Di fronte alla disperazione di Arjuna, Krishna si rivela come la personificazione (Avatara) di Visnu, in sembianze umane, e dopo che il principe si è dichiarato suo discepolo, inizia una compiuta esposizione della dottrina realizzativa, allo scopo di offrire all'uomo la conoscenza del giusto agire e della liberazione, nel compimento del proprio dovere terreno.

Questa opera celeberrima ha il pregio di riassumere i contenuti sapienziali della Sruti attraverso le istanze dell'uomo "di mondo", impersonato dal principe guerriero, alle prese con dilemmi etici e spirituali che continuano a riflettere le richieste esistenziali degli uomini di ogni epoca.

L'interlocutore divino, Krishna, è uno dei molteplici aspetti di Dio o dell'Assoluto che "prende corpo", o sembianza, come Avatara per illuminare e riportare alla corretta comprensione gli uomini desiderosi di Conoscenza. La manifestazione di una Incarnazione (Avatara) di Dio si mostra allo scopo di attualizzare la verità delle Scritture e offrire occasione di riconoscimento della Realtà, non solo attraverso la speculazione filosofica pura, che può essere inaccessibile a molti, ma anche mediante pratiche yogiche o devozionali che assecondano le predisposizioni individuali. Tale insegnamento si realizza nella Conoscenza, non prevede tecnicismi e osservanze, e punta direttamente a fare dell'esperienza uno strumento di elevazione della coscienza.

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