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Negli inni del Rig-Veda (I, 164, 20) si evoca l'immagine di "due uccelli, stretti amici, che se ne stanno sullo stesso albero. Uno di loro mangia una dolce bacca; l'altro senza mangiare, guarda attentamente". Sono in realtà due aspetti del medesimo. Così la versione di Vivekananda: "uno sta sulla cima e l'altro più sotto. Quello in cima è calmo, silenzioso, l'altro sui rami più bassi, mangiando ora frutti dolci, ora amari, è a volte felice a volte infelice. Dopo un certo tempo l'uccello situato al di sotto, mangia un frutto eccezionalmente amaro, si disgusta e guarda al di sopra l'altro, meraviglioso volatile dalle piume d'oro, che non mangia quei frutti, è sereno, concentrato in sè. L'uccello che si trova sotto anela a quello stato, ma presto si dimentica di ciò, e ricomincia a mangiare un frutto. In breve magia un altro amarissimo frutto, il quale lo rende infelice, e nuovamente si mette a guardare al di sopra e cerca di avvicinarsi all'altro uccello. Ancora una volta dimentica, e dopo un certo tempo guarda all'insù, continuando così indefinitamente, fino a che giunge a pochissima distanza dall'altro, e solo allora gli è dato di ammirare il riflesso di luce prodotto dalle piume che circondano il suo corpo. Sente allora un cambiamento interiore, e quanto più si avvicina a lui, vede ogni altra cosa sparire, sinchè si accorge di questo meraviglioso cambiamento. L'uccello situato nella parte inferiore era, per così dire, soltanto l'ombra, il riflesso dell'altro; egli stesso però era "essenzialmente" il medesimo uccello superiore; il vero uccello è effettivamente calmo, glorioso, maestoso, in silenzio, nonché alieno da dispiaceri e da dolori. Egli è il Signore dell'universo, mentre l'altro è l'anima umana che mangia i frutti dolci e amari di questo mondo."
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Il Folle è l'inizio di ogni cosa, il vivente nella sua primitiva purezza, l'entusiasmo e l'incertezza, la libertà perfetta e spaventosa, al di là di qualsiasi legame, prima di ogni relazione. Il Folle, l'indeterminato e incondizionato, il Puro Folle o il Puro Cercatore, è il simbolo iniziale dei Tarocchi, a indicare la condizione fondamentale del ricercatore: essere errante, solo, debole, estraneo e uguale ai suoi simili; senza nome né identità, senza volto né guida. Origine e fine di ogni sentiero umano è la carta con cui il cerchio dei tarocchi si ricongiunge su se stesso. E' l'umile peccatore che si rivolge alla Madre divina: E' il saggio incantato dalla gloria divina: Nell'oracolo rappresenta purezza, innocenza, disorientamento. E' l'inaspettato, lo stupore, lo sguardo incontaminato. Può rappresentere l'inizio inatteso di un nuovo corso, o la condizione di chi cerca un'indicazione, anche casuale, per intraprendere una via. Può corrispondere a sentimenti di abbandono o di esclusione, di scasa fiducia nelle proprie capacità e disorientamento. Si tratta allora di ascoltare la nuova condizione che emerge da questo stato, e assecondare la possibilità che si verifichi l'impensato, mantenendo lo sguardo puro e il cuore innocente, libero da ogni aspettativa o desiderio convenzionale.
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Il Crollo della Torre, dell'edificio immaginato dallo sforzo umano, è il simbolo dal significato più terribile e più salutare. Essenzialmente la sua è l'immagine della Liberazione, dell'abbandono di ogni costrutto mentale e spirituale, non di rado anche materiale e storico. L'accadimento si può verificare su più piani contemporaneamente, coinvolgendo tutto ciò che trova di artificiale, o realizzarsi interiormente come una definitiva rottura dei livelli coscienziali o di una parte importante di essi. In ogni caso, la percezione soggettiva sarà di un grande pericolo, di una destrutturazione e di una spoliazione improvvisi e violenti. L'effetto liberatorio si avvertirà nonappena abbandonaremo l'attaccamento residuo per ciò che è andato irreparabilmente distrutto. Occorre riconoscere pienamente che quello che si distrugge, secondo un piano di progresso spirituale, è qualcosa la cui natura era transitoria o impermanente e perciò la cui esistenza ci era data come supporto o strumento - temporaneamente utile al nostro bisogno - ma che non può sussistere una volta completato il suo progetto. Alfine può terminare in questo senso perfino la sublime architettura filosofica le cui parole ci hanno guidato nel Cammino; crollano i templi, le cattedrali, i centri di potere e di potenza; crolla la percezione stessa di un luogo e di uno svolgimento. Si apre il cielo vasto su cui l'occhio ha riflesso lo schermo luminoso, sul quale ha studiato il cammino delle stelle, la geografia della natura e della psiche. Perchè si incominci l'esperienza del cielo e della natura, non dalla visuale del balcone più alto della torre, ma nell'identità con l'intera volta celeste. Nell'oracolo si può interpretare la Torre come una esperienza di perdita o di rivoluzione, il cui valore è nella possibilità di vivere esperienze più dirette e autentiche, liberi dalle strutture che ci hanno protetto, ma anche costretto, dentro limiti preordinati.
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