496. Sono l’oceano dell’illimitata beatitudine ed è in me che le onde senza fine dell’universo si formano e si dissolvono nel gioco capriccioso della Maya.
497. Attraverso la manifestazione delle cose sovrapposte, l’ignorante immagina in me, per errore, gli illimitati oggetti grossolani e sottili, proprio come nel tempo indivisibile e assoluto, eterno presente, immagina erroneamente i cicli, gli anni, i semestri e le stagioni.
498. Tutto ciò che è sovrapposto per ignoranza, non potrà mai intaccare il sostrato; le piogge torrenziali di un miraggio possono mai bagnare le distese desertiche?
499. Come lo spazio-etere sono libero dalle impurità, come il sole sono distinto dallo spettacolo che illumino, come la montagna sono inamovibile, come l’oceano sono illimitato.
500. Non ho alcun rapporto con il corpo, come non lo ha il cielo con le nuvole. In che modo, dunque, gli stati di veglia, sogno e sonno profondo – attributi del corpo – potrebbero più toccarmi?
501. È l’attributo sovrapposto che appare e scompare, è sempre esso che compie le azioni e ne raccoglie i frutti; infine, è esso che invecchia e muore, mentre io rimango immobile come il monte Kula.
502. Sono identico a me stesso perché non ho parti, sono di là dall’agire e dal non-agire. Quello che è Uno, infinito ed eterno, simile al cielo, come può muoversi?
503. Come potrei avere merito e demerito, io che sono senza organi sensori, senza mente, senza modificazioni e senza forma, io che sono la realizzazione della beatitudine assoluta? Ciò viene affermato anche dalla sruti nel passo: “Egli non è più toccato...”.
504. Se il caldo e il freddo, il bene e il male potessero per caso sfiorare l’ombra di un individuo, in che cosa potrebbe essere toccato, lui che è distinto dalla sua ombra?
505. Il testimone non è toccato dalle proprietà delle cose perché è distinto da esse, perché egli è senza modificazioni e indifferente, come una lampada che rischiara una stanza non è toccata dalle proprietà di questa.
506. Come il sole è testimone delle azioni degli uomini, come il fuoco distrugge ogni cosa senza distinzione, come il pezzo di corda è connesso a ciò che gli viene sovrapposto, così io sono identico a me stesso, impassibile Atman, intelligenza suprema.
507. Io non agisco più, né faccio agire gli altri, non esperimento né faccio sperimentare gli altri, non vedo né faccio vedere gli altri, sono il risplendente e trascendente Atman.
508. Quando le sovrapposizioni si muovono, l’ignorante attribuisce i movimenti all’immagine riflessa all’oggetto riflettente, come ad esempio al solo che è privo di attività, per cui afferma: “Sono l’agente dell’azione, sono colui che gode, sono ahimè l’ucciso”.
509. Che questo corpo inanimato cada qua o là, sulla terra o nell’acqua, io non me ne preoccupo perché non sono più toccato dalle sue proprietà, come non lo è l’aria nei confronti della brocca.
510. Gli stati transeunti della buddhi, come quelli dell’azione, della fruizione, dell’astuzia, dell’ubriachezza, dell’inerzia, della schiavitù, della liberazione, ecc., in verità non si applicano mai all’Atman, al Brahman supremo, all’assoluto, all’Uno-senza-secondo.
511. Se nella prakrti avvengono dieci, cento o mille modificazioni, che cosa ho io da spartire con esse? Io che sono conoscenza assoluta? Le nuvole possono mai scalfire il cielo?
512. In verità sono questo Brahman non-duale, sottile come l’etere, senza inizio e senza fine, per il quale l’intero universo, dall’immanifesto fino al corpo grossolano, non è che mera e inconsistente ombra.
513. In verità sono questo Brahman non-duale, sostrato di tutti i fenomeni, che illumina con la sua luce tutto lo spettacolo, che assume molteplici forme, che è onnipresente, eterno, puro, immutabile e assoluto.
514. In verità sono questo Brahman non-duale che trascende tutte le differenziazioni della Maya, che è l’essenza del tutto, che è di là dalla conoscenza relativa, che è verità, conoscenza e infinita beatitudine.
515. Sono senza attività, senza modificazioni, sono senza parti e senza forma, sono indifferenziato, costante, sono senza supporto, sono non-duale.
516. Sono universale, sono tutto, sono in tutti, sono non-duale, sono il solo e sono completa conoscenza, sono beatitudine, sono senza fine.
517. Per il tuo sovrano influsso ho ottenuto la maestà dello splendente Atman. Salute, salute a te o venerabile guru e grande Anima,
518. O mio guru, il tuo influsso mi ha svegliato dal “sonno” e ha salvato me che erravo in un sogno interminabile – perduto nella foresta della nascita, della decrepitezza e della morte, creazioni di Maya – me che ero da lungo tempo tormentato dalle afflizioni e perseguitato dalla tigre dell’io.
519. Salute a te o principe dei guru, tu che sei indefinibile grandezza, che sei eternamente costante, che ti sveli in quanto universo; di fronte a te io mi prosterno.
520. Quando il degno discepolo, realizzata la verità e la beatitudine dell’Atman e con il cuore ricolmo di gratitudine, s’inchinò riverente davanti al nobile guru, questi ancora una volta si espresse con le seguenti sublimi parole:
521. L’universo, essendo una serie ininterrotta di percezioni del Brahman, non è altro che Brahman. Quindi in ogni circostanza osserva questo universo con l’occhio dell’illuminazione e mantieni la tua mente serena. Chi è colui che, avendo occhi, non riconosce tutte le forme come espressioni della stessa argilla? Che cosa, allora, potrebbe sollecitare l’intelletto del discepolo se non Brahman?
522. Un saggio discepolo potrà mai rifiutare la suprema beatitudine per l’illusorio godimento di mayahici oggetti? Quando la luna risplende nella sua pienezza chi, insensibile al suo incanto, potrà preferirne una dipinta?
523. La percezione dei dati irreali non porta né all’estinzione dei desideri, né a quella delle sofferenze. Dopo aver realizzato l’essenza della non-duale beatitudine, dimora felice nell’identità con il reale Atman.
524. Contempla l’Atman non-duale, o grande anima, e godi la beatitudine per tutto il tempo che ti rimane.
525. Nell’Atman indifferenziato, conoscenza completa, la nozione di distinzione è come un castello sospeso nell’aria, perciò raggiungendo la suprema pace rimani nel silenzio e in identità con la beatitudine del non-duale Atman.
526. La mente, causa di false nozioni, diventa perfettamente calma nel Saggio che ha conosciuto Brahman. In verità questa è la suprema serenità in cui, in identità col Brahman, si svela costantemente la non-duale beatitudine.
527. Per colui che ha realizzato la sua propria natura e l’essenza della beatitudine dell’Atman, non vi è niente di più esaltante se non questa quiete silenziosa che sopravviene alla estinzione delle vasana.
528. Il muni, che è compiuto nell’Atman, vive sempre nella pace, sia che agisca o non agisca, che si muova o stia fermo, o in qualunque altra condizione.
529. La grande anima, che ha realizzato la perfetta verità e la cui mente è libera da condizionamenti, non si preoccupa più del luogo, del tempo , delle posizioni, della orientazione, delle osservanze, degli oggetti di meditazione, ecc. Per svelare il proprio Sé, a quale disciplina occorre sottomettersi?
530. “Questa è una brocca”; per comprendere ciò, quale osservanza bisogna seguire se non quella di avere lo strumento di conoscenza esente da errore? Solo così si può conoscere l’oggetto.
531. Questo Atman, verità imperitura, si rivela quando i retti mezzi di conoscenza sono presenti. Esso non dipende dal luogo né dal tempo, né da condizioni di purezza.
532. L’affermazione: “Io sono Devadatta (un nome comune)” rimane indipendente da ogni condizione. Così il conoscitore del Brahman realizza che egli stesso è Brahman.
533. Chi, in verità, potrebbe svelare Quello, il cui splendore, simile a quello del sole, fa apparire l’universo così evanescente, non-reale e privo di valore assoluto, se non Quello?
534. Chi mai potrebbe illuminare l’eterno Soggetto, per mezzo del quale i Veda, gli Sastra, i Purana e gli stessi esseri viventi assumono significato, se non lo stesso Brahman?
535. L’Atman autorisplendente, dal potere illimitato, è trascendente la cognizione empirica, per quanto esso conosca ogni cosa. Realizzandolo, i conoscitori del Brahman si liberano da tutte le schiavitù e vivono un’esistenza gloriosa.
536. Soddisfatto dell’essenza infinita di beatitudine, egli (il Saggio) non è né afflitto né inebriato né attratto né avverso agli oggetti dei sensi, ma gioisce nel Sé.
537. Come il bambino si trastulla con i suoi giocattoli dimenticando la fame e il dolore fisico, così, dimenticando le nozioni di “io” e “mio”, il Saggio rimane felice.
538. Il Saggio perfetto si disseta con l’acqua dei fiumi ed elemosina il cibo senza ansia né umiliazioni. Egli vive libero ed indipendente, dormendo senza paura nei campi di cremazione o sotto gli alberi delle foreste; il suo vestiario è tale che non necessita di essere lavato e asciugato, suo letto è la nuda terra e, col Vedanta quale strada maestra, se ne va ramingando e godendo del supremo Brahman.
539. Egli non porta alcun segno distintivo, è libero dagli oggetti sensoriali, rimane nel suo corpo grossolano senza mai identificarsi con esso e, come si presentano, accoglie e lascia scorrere gli eventi suscitati dal desiderio di altri in modo innocente, simile al bambino.
540. Vivendo nella conoscenza assoluta, egli percorre il mondo vestito della sua stessa nudità, con un pezzo di stoffa o, ancora, con una pelle di animale. Egli assume, secondo le circostanze, il comportamento di un uomo privo di ragione, oppure quello di un bambino, o quello di un fantasma.
541. Il Saggio, che vive nella solitudine, gode all’occasione gli oggetti dei sensi ma, dato che ha realizzato lo stato di non- desiderio, egli è completo nel Sé e nella totalità.
542. Lo si può prendere a volte per un insensato o per un Saggio, oppure può vestirsi di splendore regale; può vagare qua e là, ovvero rimanere immobile come un pigro pitone; qualche volta si concede una benevola espressione. Per quanto possa essere rispettato oppure insultato o, ancora, ignorato, egli non cessa mai di gustare in se stesso la saggezza e la beatitudine suprema.
543. Niente possiede e tuttavia è sempre pago, privo di aiuto possiede ogni potere; non gode degli oggetti, ma rimane sempre soddisfatto; pur senza pari, guarda tutto e tutti con l’occhio dell’equanimità.
544. Benché agisca, rimane inattivo; benché esperimenti il frutto delle passate azioni, non è toccato da queste; pur avendo un corpo di carne, non si identifica con esso; pur essendo limitato, è onnipresente.
545. Né piacere, né dolore, né bene né male possono toccare questo conoscitore del Brahman che si è liberato persino della nozione del corpo.
546. Piacere e dolore, bene e male possono toccare solo il corpo grossolano e quello sottile, ma come possono aver presa su colui che ha spezzato le catene di tutte le schiavitù e si è
realizzato come reale Atman?
547. Gli ignoranti pretendono che il sole sia inghiottito dal demone Rahu, ma ciò non è vero. Essi, non conoscendo la vera natura del sole, cadono nell’illusione.
548. Attribuendo altresì un corpo grossolano al prefetto conoscitore del Brahman, a colui che si è liberato da tutte le schiavitù della forma, si commette ugualmente lo stesso errore: si vedono solo le apparenze.
549. Come un serpente cambia la pelle, così il Saggio si spoglia del suo proprio corpo, sospinto solo dalla forza del prana.
550. Come un pezzo di legno è trasportato dalla corrente verso l’una o l’altra sponda del fiume, così il corpo del Saggio, trasportato dagli impulsi delle azioni passate, esperimenta i molteplici effetti man mano che vengono a maturazione.
551. Affrancato dalla nozione del corpo, il Saggio, in conseguenza del suo prarabdhakarma, sembra comportarsi, in mezzo ai vari oggetti sensoriali, come colui che è sottomesso alla legge della trasmigrazione. Ma in realtà egli vive nella guaina carnale senza esserne toccato, immobile come l’asse della ruota del vasaio, conservando l’attitudine dell’impassibile testimone.
552. Egli non dirige più i sensi verso gli oggetti né li distacca da questi, ma rimane indifferente osservatore; né ancora si preoccupa dei risultati delle sue azioni perché la sua mente ha bevuto il puro elisir della beatitudine dell’Atman.
553. Egli non tiene conto neanche della meditazione, perché è l’Atman, perché è Siva, perché è il migliore dei conoscitori del Brahman.
554. Con la distruzione di tutte le limitazioni (upadhi), il perfetto conoscitore del Brahman si immerge in Brahman, Uno-senza-secondo, in cui era sempre stato, così nella stessa vita egli diviene libero e soddisfatto.
555. Come l’attore che, per quanto indossi o si tolga il costume del personaggio che interpreta, non cambia la sua identità, così il perfetto conoscitore del Brahman rimane sempre e comunque Brahman.
556. Come una foglia secca va dove il vento la trasporta, così il corpo dell’asceta che ha realizzato Brahman può seccarsi e cadere in qualsiasi luogo, perché il fuoco della conoscenza l’ha già ridotto in cenere.
557. Il muni, quale reale Atma, che vive sempre in Brahman e nel non-duale Atman fatto di piena beatitudine, non dipende più dalle condizioni di tempo, luogo, ecc., perché ha abbandonato l’ammasso di pelle, carne e impurità (il corpo).
558. Con la sola morte del corpo non v’è liberazione, come non v’è liberazione abbandonando il bastone o la scodella dell’acqua. La liberazione si ottiene quando sono estirpati tutti gli attaccamenti che sono frutto dell’ignoranza (avidya).
559. Se una foglia cade in un ruscello, in un grande fiume, in un luogo consacrato a Siva o in un incrocio qualunque, quale effetto, buono o cattivo, può aversi per l’albero?
560. La distruzione del corpo, degli organi sensori, dei prana o della mente è simile alla caduta delle foglie, dei fiori o dei frutti, essa non tocca minimamente l’Atman, realtà assoluta e divina beatitudine, il quale, pari all’albero, non perisce.
561. La sruti, volendo indicare la vera natura dell’Atman, utilizza questa espressione: “Esso è unità di conoscenza”, mentre parla di distruzione delle limitazioni (upadhi).
562. Il passo della sruti: “O cara... questo Atman è indistruttibile”, fa allusione al Sé eterno di contro alle cose periture e soggette alle modificazioni.
563. Come una pietra, un tronco d’albero, un filo d’erba, un chicco di riso, un cumulo di bucce sono ridotti dal fuoco in un medesimo mucchio di cenere, così il mondo oggettivo, compreso il corpo, gli organi sensori, i prana, il manas, ecc., è risolto dal fuoco della conoscenza nel supremo Atman.
564. Come le tenebre, distinte dalla luce, si dissipano nello splendore del sole, così questo spettacolo-universo svanisce nel Brahman.
565. Come un vaso che si rompe lascia l’aria racchiusa libera di unirsi all’aria esterna, così la distruzione degli upadhi lascia libero il conoscitore del Brahman di unirsi al Brahman.
566. Come il latte che si versa nel latte, l’olio che si versa nell’olio, l’acqua che si versa nell’acqua diventano una cosa sola, così l’asceta, che ha realizzato l’Atman, diviene tutt’uno con l’Atman.
567. Avendo stabilizzato la coscienza di là dal corpo, egli raggiunge l’isolamento, quindi l’identità con Brahman, sfuggendo alla trasmigrazione.
568. Realizzando l’identità dell’Atma col Brahman egli dissolve i suoi tre corpi, frutto dell’ignoranza, svelandosi così come lo stesso Brahman. Ora il Brahman come potrà nascere?
569. Schiavitù e liberazione, create dal gioco della Maya, non esistono in realtà nell’Atman, come l’illusorio serpente, che appare e scompare, non esiste nella corda, la cui natura non subisce cambiamento.
570. Possiamo avere schiavitù e liberazione solo di fronte alla presenza o assenza di uno schermo velante; ma uno schermo di tal genere come potrebbe esserci in riguardo al Brahman non- duale? Se ci fosse, la non-dualità di Brahman verrebbe infirmata, ma la sruti esclude la dualità.
571. Schiavitù e liberazione sono attributi della buddhi che l’ignorante sovrappone alla realtà, come si sovrappongono le nuvole al sole. Ma tale realtà è imperitura, assoluta conoscenza, unità non-duale e libera.
572. Dalla prospettiva della realtà, l’idea dell’esistenza o non- esistenza della schiavitù è attribuita alla buddhi; essa non appartiene alla realtà eterna.
573. Perciò schiavitù e liberazione sono create dal gioco della Maya, non riguardano l’Atman, la Realtà suprema senza parti, esente da ogni attività, serena, senza impurità, l’Uno senza secondo nel quale non v’è limitazione, come non v’è limitazione nell’integrale etere infinito.
574. Così non esiste né morte né nascita, né qualcuno che è imprigionato né alcuno che è combattuto, non esiste liberazione né discepolo che cerca la liberazione: questa è la suprema verità.
575. Poiché ti sei purgato da tutte le impurità di questa oscura età e affrancato da tutti i desideri, oggi ho ripetutamente rivelato a te, come ad un mio proprio figlio, questo supremo e profondo segreto; ti ho svelato l’essenza del Vedanta, il coronamento dei Veda.
576. Il discepolo, avendo ascoltato le parole del Maestro e mosso da un sentimento di venerazione, si prosternò ai suoi piedi e poi, con il suo permesso, liberato ormai dalla schiavitù, si allontanò per la sua strada.
577. E il Maestro, con la mente assorta nell’oceano dell’essere e della beatitudine, riprese il suo peregrinare per benedire il mondo intero con la conoscenza assoluta.
578. Così, per mezzo di questo dialogo tra Maestro e discepolo, la natura dell’Atman è stata svelata per facilitare la mèta ai ricercatori della liberazione.
579. Possano i ricercatori che si consacrano alla liberazione, che hanno purificato la mente, che osservano i metodi prescritti, che hanno trasceso i godimenti del mondo, che hanno la mente pacificata, che apprezzano la sruti, stimare e salutare questo insegnamento.
580. A quelli che nel Samsara sono afflitti dai cocenti dolori e dalle sofferenze provocate dal triplice fiore (afflizioni psicofisiche; afflizioni che provengono dalla sfera riflettrice; afflizioni provocate dai nostri simili), a quelli che nell’arido e tenebroso deserto dell’illusione vagano in cerca di acqua pura, viene offerto questo glorioso messaggio di Shankara. Quelli che lo sperimenteranno saranno liberati e godranno il vivificante oceano di nettare del Brahman, l’Uno-senza- secondo.