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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

Testi del Vedanta

Bhagavad Gita

Il Signore creò  il mondo, e volle proteggere la sua esistenza. In primo luogo fece i progenitori, guida delle genti (prajaa - Pati), a partire da Marichi, e  impartì loro la legge  (Dharma), caratterizzata dai precetti operativi  (pravRitti) descritti nei Veda. Poi creò Sanaka, Sanandana e altri, e impartì loro la legge della rinuncia all'azione (NIVRitti), dalla conoscenza e dal  distacco. Duplice è la Legge descritta nei Veda - una di azione e l'altra di rinuncia all'azione – con cui è retto il mondo. Questa duplice legge deve essere osservata da parte dei membri di tutte le classi, a cominciare dai Brahmana, per tutta la durata delle stagioni della vita, in quanto porta direttamente a ottenere la prosperità e la liberazione, il Sommo Bene.

Nel corso del tempo, a causa dell'egoismo di coloro che dovevano difendere legge, e la conseguente diminuzione della conoscenza discriminativa, l'ingiustizia divenne più potente e prevalse sulla legge. Volendo mantenere la stabilità del mondo, il Creatore primordiale, che tutto pervade, il Signore (Vishnu), chiamato Narayana, si incarnò e nacque da Devaki e da Vasudeva, come Krishna, al fine di ristabilire la legge divina dei Veda.  Solo se la Legge vedica è preservata, il suo spirito proteggerà la vita delle diverse classi di persone.

Ashtavakra Samhita

Tu non appartieni ai bramini, ai guerrieri né ad altra casta, tu non sei in alcuno stadio di vita, non sei nulla di ciò che i tuoi occhi possono vedere. Sei privo di attaccamento e di forma, il testimone di tutto - [dunque] sii beato, ora. Giusto e ingiusto, piacere e dolore appartengono soltanto alla mente e non ti riguardano. Tu non sei l'agente o il fruitore delle conseguenze [dell'agire]; tu sei sempre libero.

Tu sei l'unico testimone di tutto, completamente libero. La causa della sofferenza è nel ritenere il testimone qualcosa di diverso da questo. Finché sei stato ingannato dal nero serpente dell'opinione di te stesso, hai creduto stoltamente: "io sono colui che agisce"; ora dissetati col nettare dell'evidenza: "io non sono colui che agisce" e da subito sii felice. Brucia la foresta dell'illusione con il fuoco della conoscenza.

Mandukya Karika di Gaudapada

Mi inchino al Brahman che pervade l'universo con l'effusione della conoscenza, che pervade ciò che è mobile e ciò che è immobile, Colui che osserva tutto quello che può essere conosciuto nel mondo grossolano [durante lo stato di veglia], Quello per cui si sperimenta tutto ciò che nasce dal desiderio ed è illuminato dall'intelletto [durante lo stato di sogno], e che riposa nella Sua beatitudine e fa che tutti noi vediamo attraverso la Sua Maya, quello che, nei termini di Maya, è il Quarto [Turiya] e il supremo, immortale e non nato.

Turiya, il Sé dell'universo - che osserva i frutti della virtù e del vizio nel mondo grossolano, che conosce gli oggetti sottili creati dalla Sua intelligenza e illuminati dalla Sua luce e che riassorbe tutto questo gradualmente in Sé, e che abbandonata ogni differenziazione diviene privo di attributi – che possa Egli accordarci la Sua protezione.

श्रुति Śrūti

Brhadaranyaka Upanishad

Om! L'aurora è il capo del cavallo sacrificale; il sole è il suo occhio, il vento il suo respiro, il fuoco onnipresente la sua bocca, l'anno il suo corpo. Il cielo è il dorso del cavallo sacrificale; l'atmosfera è la sua pancia, la terra il suo inguine; i punti cardinali sono i suoi fianchi, i punti intermedi le sue coste, le stagioni le sue membra, i mesi e le quindicine le sue giunture, i giorni e le notti le sue gambe, le costellazioni le sue ossa, le nubi le sue carni. La sabbia è il cibo che egli digerisce; i fiumi i suoi intestini, i monti il suo fegato e i suoi polmoni, le erbe e le piante la sua criniera; il sole che si leva è il davanti del suo corpo, dietro il sole che tramonta. Il lampo è il suo ringhio, il tuono lo scuotimento del suo corpo, la pioggia la sua orina, la voce della parola il suo nitrito.
Il giorno, che posa sull'oceano orientale, fu la coppa posta dinanzi al cavallo. La notte, che si trova sull'oceano occidentale, fu la coppa posta dietro al cavallo. Egli fu il Destriero che portò gli Dei, lo Stallone che portò i Gandharva, il Corsiero che portò i Demoni, e infine portò gli Uomini, come fa il Cavallo. Egli è di casa nell'oceano, dove si trova la sua stalla.

Maha Mrityunjaya Mantra

Ishavasya Upanishad

Il volto della Verità è nascosto da una maschera d’oro; rimuovilo, oh Conoscitore, perché trionfi la verità, perché sia veduto. O Conoscitore, o Veggente, o Ordinatore, Sole Illuminante, o Padre delle creature, apri i tuoi raggi divini, trattieni il tuo ardore, affinché io possa conoscere il tuo volto benedetto. L'essere luminoso che abita in te, quello io sono.

Sri Adi Shankara

Shankaracharya

Vivekacudamani

“Il gran gioiello della discriminazione”  
Istruzione sul discernimento spirituale

1. Rendo onore al sadguru Govinda la cui natura è suprema beatitudine, il quale si rivela mediante l’insegnamento vedantico che è di là dal linguaggio e dalla percezione mentale.
2. Per tutte le creature viventi non è agevole avere una nascita umana, in particolare ottenere un temperamento maschile, più difficile è perseguire il sentiero della devozione vedica, più difficile ancora è acquisire la perfetta conoscenza delle Sacre scritture. Altresì è raro discriminare tra il Sé e il non-Sé e realizzare l’identità del Sé con Brahman. Questo tipo di liberazione perfetta è il risultato di meriti accumulato nel corso di innumerevoli nascite.

Soundarya Lahari, L'Onda della Bellezza

"L'Assoluto è senza forma, ma l'energia è femminile. Quando l'energia prende forma, è chiamata Madre. Madre è la potenza in movimento, che solleva in onde le acque calme dell'Assoluto." Swami Vivekananda

"Non c'è Shiva senza Shakti o Shakti senza Shiva. I due, per loro stessa natura, sono uno. Ciascuno di essi è coscienza e beatitudine." Arthur Avalon

"Shakti è l'energia primordiale latente,  indifferenziata e auto-cosciente, che tutto pervade, che si manifesta per creare l'universo dopo il diluvio o la grande dissoluzione (Mahapralaya). Questa Shakti non è diversa dalla coscienza (Cit), il loro rapporto è di inseparabile unità (Avinabhava Sambandha) come tra il fuoco e il calore, un soggetto e le sue caratteristiche, la parola e significato ecc. In altre parole, uno non esiste senza l'altra." 

Advaita Sadhana

Antologia degli insegnamenti di
Sri Chandrasekharendra Saraswati Swamigal.
Commento del Vivekacudamani di Shankara. [PDF]

Con grande compassione il nostro Acharya Shankara Bhagavatpada ha tracciato il Saadhanaa-kramaM (il metodo della Sadhana) per raggiungere lo scopo dell’Advaita. Tutto ciò che ha fatto è in accordo con la Sruti (i Veda). Il corpo dei Veda ha una testa, le Upanisad. Esse sono chiamate ‘shruti-shira’, che significa ‘la testa della Sruti’. L’alto edificio della Sadhana costruito per noi dall’Acharya è fondato sulle Upanisad.
Egli ha tracciato un programma chiamato ‘Saadhana-chatushhTayaM’ (la Sadhana in quattro fasi). Nel suo monumentale commento al Brahma Sutra fin dall’inizio dice: 'nitya-anitya-vastu-vivekaH' si deve discriminare tra ciò che è reale e cioè che non è reale e nomina la quattro fasi del cammino.
Come il Sutra-Bashya è il culmine dei commenti scritturali, il Viveva-Chudamani è la massima espressione delle opere dette prakarana. In questo testo è data una perfetta definizione delle quattro fasi del Saadhana-chatushhTayaM.

La filosofia di Shankara

La filosofia di Shankara

Questo articolo esamina l'Advaita Vedanta classico di Shankaracharya e alcune questioni basilari di epistemologia e soteriologia. La presentazione rimarrà fedele a ciò che Shankara ha effettivamente detto ed eviterà interpretazioni speculative del suo pensiero, come ad esempio le forme dell'Advaita Vedanta che possono significativamente essere adattate in modo da soddisfare le esigenze degli occidentali moderni. Per la maggior parte ci si riferisce ai commenti di Shankara sul Brahma Sutra e Brhadaranyaka Upanishad, forse i suoi lavori più importanti, con alcuni riferimenti anche ai suoi altri scritti. 

Ascolto, riflessione e meditazione nella pratica dell'Advaita Vedanta

L'analisi mentale dell'Upadesha (insegnamento) attraverso la riflessione costante è l'esercizio detto Manana. Successivamente, quando non esiste più necessità e scopo per ulteriore analisi e discussione, si procede con NidhidhyAsana, che è lo stato in cui la mente è concentrata esclusivamente nell'identificazione con l'atman- tattva, su cui si è giunti a una perfetta chiarezza, e la mente non è scossa da alcun movimento.

La Mente e la funzione dei Mahavakya.

La mente, che è chiamata 'organo interno' (antaHkaraNam), è indicata con quattro nomi in base alle rispettive funzioni: manas, buddhi, chittam e ahamkAra. La funzione del pensiero è conosciuta come manas, che designa l'attività della mente ordinaria, come comportamento, esperienza di piacere, repulsione, reazione e relazione. Quando viene presa una decisione, appellandosi al senso etico, alla verità, al discernimento, è detta buddhi o intelletto. La funzione di memorizzare le esperienze e le informazioni, e di compiere operazioni formali, è chiamata chittam. Il senso dell'io è ahamkAra. 

La Via iniziatica alla Non Dualità

Advaita Satsang

Meditazione con Udai Nath

Satsang e percorsi individuali

[tratto da "Fuoco dei Filosofi" Raphael, per le Edizioni Asram Vidya]

Non si può non riconoscere che ogni attività (professione, ecc.) profana-sociale esige una certa attitudine, una predisposizione e qualificazione; potremmo persino parlare di vocazione. Per ogni funzione occorre, dunque, l'idoneità attinente a quella particolare sfera. Spesso si possono avere non bravi professionisti o lavoratori perché non si é portati per quello specifico ruolo, perché si manca appunto di vocazione o di attitudine. Questa, se non sempre, può essere comunque sviluppata, sebbene può capitare che il soggetto neanche sappia di averla.

Anche nel campo spirituale vige la stessa legge; un candidato privo di vocazione, di predisposizioni e qualificazioni, potrebbe fare ben poco. Per quanto possa seguire un sentiero, sarà pur sempre un cattivo aspirante. Inoltre, come per seguire una qualsiasi professione occorrono studio, tempo, abnegazione e grande serietà, così per seguire un sentiero spirituale, o iniziatico, necessitano una grande serietà, abnegazione e parecchio tempo a disposizione. Capita però che, in via di massima, l'aspirante si dedichi alla Realizzazione nei ritagli di tempo. Possiamo anche dire che l'occupazione principale, o fondamentale, é quella sociale, mentre quella spirituale rimane relegata al tempo rimasto libero. Vi sono soggetti che frequentano scuole iniziatiche una volta il mese, oppure ogni quindici giorni, e poi tutto finisce lì: gli altri giorni sono ovviamente dedicati ai rapporti sociali, al lavoro, a volte stressante e conflittuale, alla famiglia e all'inevitabile divertimento, credendo così di essere sulla Via iniziatica o, addirittura di essere degli Iniziati.

Il più delle volte si crede persino che la Via consista nell'essere più buoni, etici, liberi da un certo conformismo religioso, o nel frequentare persone che semplicemente parlano di cose iniziatiche o esoteriche. Si può anche affermare che l'attenzione dominante, per non dire esclusiva, di alcuni é rivolta a sperimentare la vita formale, del sensibile corporeo, anche se poi parlano di spiritualità o frequentano un gruppo spirituale, iniziatico, ashramico, ecc. Una via, o Sentiero, comporta un grande impegno, come abbiamo già fatto notare, e un'ampia disponibilità di cuore e di mente. Platone arriva a dire che

«...fin da giovinetti (gli aspiranti filosofi) non conoscono la via che mena al foro...Brighe di consorterie per acquisire cariche pubbliche, convegni, banchetti e festini... sono tutte cose che nemmeno in sogno vien loro in mente di fare.»
(Platone, Teeteto XXIV, 173d).

"Separare" e "fissare" il mercurio, per parlare in termini alchemici, non é questione di frequentare periodicamente una scuola; l'attuazione di tale processo esige bel altro. Per valicare l'abisso qabbalistico non basta sedere su uno scanno ashramico, muratorio, o frequentare saltuariamente un qualunque tempio. Solo quest'epoca di "ferro", o kaliyuga, può far credere che ciò possa bastare. Per quanto siamo già anima, atman, nous, ecc., secondo le varie terminologie, tuttavia é tale la nostra identificazione con ciò che non siamo che non é facile, a livello pratico operativo, realizzare o essere ciò che siamo. Se poi vengono a mancare quelle qualificazioni a cui si é accennato, allora la situazione diventa tragica e nello stesso tempo grottesca.

Si deve tener conto che l'iniziazione (diksa) richiede una vera rivoluzione nel nostro modo di pensare, volere e agire; nella Grecia dei Misteri la teletè, iniziazione ai Misteri comportava la metànoia e, come afferma Platone, la conversione-rivoluzione. Ciò implica un nuovo stile di vita che non ha più niente che fare con la vecchia modalità espressiva.
L'Iniziato, pur stando nel mondo, non é del mondo.

«E il vero è che il suo corpo (dell'aspirante filosofo) si trova nella città e ivi dimora, ma non la sua anima.»
(Platone, Teeteto XXIV, 173e)

Ma quali possono essere le qualificazioni che si richiedono per un giusto approccio alla via della liberazione? La prima, oltre quello che si possono intravedere in ciò che finora abbiamo detto, é la più difficile da attuare; ci riferiamo all'umiltà. Si presume che un'aspirante provenga dalla sfera profana, sociale e da un tipo di conoscenza che si riferisce esclusivamente al mondo dei fenomeni, al dominio dei nomi e delle forme. L'insegnamento filosofico realizzativo é rivolto invece alla sfera dell'essere. Per parlare in termini platonici, l'aspirante proviene dalla dimensione dell'opinione (doxa), per cui si trova nel mondo del sensibile corporeo; sa poco o niente dello stato dell'epistéme che opera per intuizione superconscia e capta la sfera dell'intelligibile. Poi, trovandosi nella dimensione individuale e particolare, ha poca dimestichezza con quella universale. Egli può offrire opinioni, ma non Conoscenza pura; e più é un conoscitore della condizione materiale sensibile, più difficile diventa poterlo distaccare dal mondo della quantità.

«Siamo d'accordo ormai su questo punto in rapporto alla natura dei filosofi, che sono cioé amanti della conoscenza, quella che sa svelare il mistero di quell'oggettiva esseità che eternamente é; quell'esseità che non va errabonda e vagante in ciclo di generazione e di morte.» (Platone, Politéia, VI, 485).

All'inizio del sentiero, all'aspirante generalmente si dice di distaccarsi dalla conoscenza-comportamento dell'inconscio collettivo, per quanto ciò non sia facile, perché l'aspirante porta impresso in sé, o nella sua aura, il marchio di archetipi che appartengono a quell'ordine, oltre al fatto che ancora opera in esso. Occorre una grande umiltà per riconoscere che su certe cose si é ignoranti: vale a dire che si ignorano determinate conoscenze. Negli antichi Misteri il candidato doveva rimanere per parecchi anni in silenzio perché tutto quello che avrebbe potuto dire non avrebbe avuto niente che fare con l'Insegnamento esoterico e iniziatico; inoltre, ciò gli era di grande aiuto per incominciare a dominare la parola, cosa non facile nel mondo individuato. Qui riconosciamo la scuola di Pitagora, ma non soltanto questa. Un'altra qualificazione é il saper trovare un accordo, una sintonia coscenziale con l'Insegnamento perché la conoscenza iniziatica non é, appunto, come quella profana dove occorre solo un'adeguata intelligenza e soprattutto una buona dose di memoria. A scuola i nostri professori ci hanno insegnato certe nozioni di chimica, fisica, matematica, di storia della filosofia, ecc., e noi le abbiamo memorizzate e poi ripetute; per la Dottrina tradizionale non é questione di memoria, essa non consiste in nozioni quantistiche, e la funzione dell'Istruttore non é ovviamente quella di un professore di scuola media o universitaria. Essi hanno scopi e metodi diversi oltre a una posizione coscenziale differente.

L'insegnamento é diretto non al cervello, ma al Cuore, non al manas-mente-dianoia, ma alla buddhi-noésis. La sua funzione é di far emergere la Conoscenza che già é in noi, di risvegliare la coscienza a ciò che essa é. La Conoscenza iniziatica é come il sole che risveglia le potenzialità che sono già nel seme. È un procedimento di maieutica. Il conoscere non viene dall'esperto mediante la memorizzazione di dati oggettuali, ma dall'interno, dall'essenza di cui siamo intessuti.

«In effetti, la conoscenza di tali verità non é affatto comunicabile come le altre conoscenze ma, dopo molte discussioni fatte su questi temi e, dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce dall'Anima e da se stessa si alimenta.» (Platone, Lettera, VII, 341).

Un'altra qualificazione consiste nell'avere un atteggiamento ricettivo e nello stesso tempo attivo e solare. La donna, per la sua particolare natura, può
essere più ricettiva ma meno attiva-solare, un uomo può essere più attivo-solare ma meno ricettivo; in ogni modo per apprendere-comprendere occorrono non solo umiltà e ricettività (non passività), ma anche una posizione attiva e solare per fissare ciò che si é appreso e compreso, fissare sul piano della coscienza più che della mente e malgrado tutte le circostanze positive o negative di ordine intrinseco che potrebbero verificarsi. Secondo Platone ciò significa rimettere le ali e volare verso la nostra vera patria.

C'é poi la qualificazione di saper vivere nel silenzio, cosa questa, come già si accennava, molto difficile. È nel silenzio del nostro cuore che si possono maturare certi eventi; anzi, il silenzio é il fondamento di ogni Via iniziatica, e qui non si vuol dire solo di non parlare con altri, ma di fare tacere quella mente che si esprime mediante l'opinione (doxa) perché chi sta intraprendendo una nuova via, una strada completamente opposta a quella precedente, ha poco da dire o da proporre. La Via inizia nel silenzio, si matura e si conclude nel grande silenzio. Brahman é Silenzio, secondo l'Upanisad. Il Padre dell'Essere é ineffabile, secondo Platone.

Un'altra qualificazione é quella di sapersi liberare dalla nozione di tempo-spazio-causa. La Conoscenza di ordine metafisico, o dei Grandi Misteri, (quella che prospettano Parmenide, Platone, Samkara ed altri della Tradizione universale), necessita della mens informalis che sola sa trascendere quella nozione fenomenica che opera esclusivamente nella dimensione del sensibile corporeo. La Realizzazione, si sa, non dipende dalla categoria di tempo-spazio-causa in quanto l'essere che noi siamo non diviene. È la vita formale che diviene e che ha una sua parabola ascendente e discendente. E la prakrti, con i suoi punti, piani e forme, che si trasforma e diviene.

Se, come si é fatto notare, la Conoscenza é già in noi, allora occorre avere quell'attitudine-qualità di raccoglimento interiore (uparati) che consente di mettersi in contatto con la voce del silenzio o del nostro cuore (però per un soggetto estrovertito, occorre dire, é un po' difficile). Per quanto la Realizzazione, o la liberazione, sia diretta a tutti, non tutti, in quel tempo-spazio, sono pronti a raccogliere il messaggio; però é anche vero che se noi siamo già l'Essere o Quello, come afferma il Vedanta advaita, allora prima o poi non potremo non pervenire a svelare la nostra autentica Pienezza o Beatitudine.

Articolo tratto da "Fuoco dei Filosofi" Raphael, per le Edizioni Asram Vidya (ora Parmenides), pag 71-77,
rieditato su Vedanta.it

GORAKHNATH E LA TRADIZIONE NATH

Goraksha Sataka

La Centuria dei Versi di Gorakhnath

Om! Incomincia la centuria di Goraksha sull'Hata Yoga!
1. Mi inchino al venerabile Guru Matsyendranath, supremo bene, incarnazione della gioia; la cui semplice prossimità trasforma il corpo in pura coscienza e beatitudine.
2. Colui che, in virtù della paatica dell'adhdrbandha e delle altre tecniche posturali, illuminato dalla luce della coscienza, è lodato come Yogi e quale essenza e misura del tempo, degli yuga e dei kalpa, Colui in cui il Signore, oceano di conoscenza e beatitudine, ha preso forma, Colui che è superiore a tutti gli attributi qualitativi, manifesti e immanifesti, questi, Sri Minanath, io saluto devotamente
3. Avendo salutato con devozione il proprio Guru, Gorakhnath descrive la suprema conoscenza, ricercata dagli yogi, che conduce al Bene supremo.
4. Per il bene degli Yogi, Goraksa espone la Centuria di versi la cui conoscenza è il percorso sicuro verso lo stato supremo.
5. Questa è la scala che porta alla liberazione, per cui la mente è distolta dalle gioie dei sensi e si rivolge allo spirito, e con cui si sfugge la morte.

 

SIṢYĀ DARSAN

OṂ. Dall'eterno, l'Om emerge. Dall'Om, lo spazio [ākāś] emerge. Dallo spazio, l'aria emerge. Dall'aria, il fuoco emerge. Dal fuoco, l'acqua emerge. Dall'acqua, la terra emerge. La forma della terra è la bellezza della Dea. La forma dell'acqua è l'aspetto di Brahma. La forma del fuoco è la maya di Vishnu. La forma dell'aria è il corpo di Dio. La forma dello spazio è l'ombra del Suono [Nad] La forma del Suono emerge dall'eterno.

ABHAI MĀĀTRĀ JOG

OM. Il lignaggio dei Perfetti, la via della saggezza, la vera terra, la postura naturale e il respiro, la medicina filosofale del respiro yogico, la grotta dell'autocontrollo, l'astinenza come perizoma, il decoro come cintura di castità, l'unità trascendente come scialle di meditazione, l'unione, l'Uddhiana Bandh, il vero mudra, la virtù come abito, il perdono come cappello, l'ardore come supporto, l'introspezione come sacca delle elemosine, la pazienza come bastone, la discriminazione come spada, la pratica ascetica come ruota, il chakra radice come ciotola per l'acqua, la mente come acqua, l'elisir come cibo, la compassione, la meditazione del segreto, il discernimento come libro, la lingua come alchimia...

 

GORAKSHA VACANA SAMGRAHA.

Le istruzioni di Gorakhnath. 

1. Alcune persone desiderano la non dualità, altri desiderano la dualità. Ma non troveranno la Realtà, che è sempre e ovunque la stessa, diversa dalla dualità e dalla non dualità.
2. Se il Dio (Shiva) a cui tutto va è immutabile, pieno, indiviso, allora oh! La maya, la grande illusione, le false nozioni di dualità e non dualità.
3. Si dice che il supremo Brahman sia libero dall'esistenza e dalla non esistenza, libero da distruzione e generazione, al di là di ogni concezione.
4. Coloro che conoscono la Realtà lo conoscono come infinito spazio, vera conoscenza e beatitudine, ignoto al ragionamento e all'esempio, al di là della mente, dell'intelletto e delle altre funzioni.
5. Shakti è inerente a Shiva, Shiva è inerente a Shakti. Si deve riconoscere che non c'è differenza tra essi, come tra la Luna e la sua luce.
6. Quindi Shiva senza Shakti non potrebbe fare nulla. Ma dacché è unito al suo potere (shakti), è causa di tutte le forme sensibili.
7. Dotato di infinita Shakti, Shiva perpetua il manifestarsi di tutte le forme, eppure rimane uno solo, senza secondo, nella sua propria forma.

Adi Nath, Matsyendra Nath e Goraksh Nath. L'origine della tradizione Nath.

Da tempo l'India è riconosciuta come un importante centro della vita spirituale, che ha esercitato grande influenza sullo sviluppo di tutta la civiltà umana. La storia del paese è stata sempre segnata dalle storie di diversi grandi santi, Siddha e MahaYogi, che appaiono di volta in volta a guidare l'umanità verso ideali più alti, grazie all'esempio delle loro vite illustri.

Alcuni aspetti degli insegnamenti dei Nath

La posizione metafisica dei Nath non è monista né dualista. E' trascendente nel più vero senso della parola. Essi parlano dell'Assoluto (Nath), al di là delle opposizioni implicite nei concetti di Saguna e Nirguna, o di Sakara e Nirakara. Perciò, per essi il fine supremo della vita è realizzare se stessi come Nath e restare eternamente radicati al di là del mondo delle relazioni. La via per conquistare tale realizzazione è detta essere lo yoga, su cui investono molta energia. Sostengono che la Perfezione non si posa raggiungere con altri mezzi, se non con il sostegno della disciplina dello yoga.

I Siddha e la Via del Rasa

Un Siddha è qualcuno che si dice abbia raggiunto poteri sovrumani (Siddhi) o un Jivanmukthi, un liberato in vita. Il termine potrebbe anche essere tradotto come il raggiungimento della perfezione o dell'immortalità. Tale Siddha dotato di un corpo divino (divyadeha) è Shiva stesso (Maheshvara Siddha). È il perfetto, che ha superato le barriere del tempo, dello spazio e dei limiti umani. Un Siddha nella sua forma idealizzata è liberato da tutti i desideri (anyābhilāṣitā-śūnyam), colui che ha raggiunto un'identità impeccabile con la Realtà suprema.

Gorakh Bani

Il Gorakh Bani è un poema sapienziale di epoca medievale attribuito a Gorakhnath, che enuncia in forma poetica le tesi più esoteriche e profonde dello yoga delle origini.

E’ un testo dei più misteriosi e affascinanti della tradizione tantrica. E’ il Sabad, la parola spontanea dell’illuminato, lontana dai canoni scolastici del vedanta e dello yoga, invece enigmatica e fitta di allegorie ermetiche e di riferimenti alla vita del monaco errante, dello Yogi e del Siddha, e all’esoterismo medievale. Perciò è un testo complesso, anti-intuitivo, ironico, poi beatifico e estatico, a tratti oscuro, comunque veloce, ritmato e vivace. Si tratta di un orizzonte di meditazione che è molto radicale rispetto a quelli in voga ai nostri giorni. 

A differenza del sapere religioso, il sapere che Gorakh incarna non può essere indicato tra le definizioni che sono postulate dai dotti, dalle usanze e dai sacerdoti. Egli è un sapere incarnato e vivente, sempre nuovo, imperituro e rinnovato dall’esperienza che nel tempo è maturata nella coscienza degli yogi che hanno intrapreso lo stesso cammino, che si illuminerà con l’immagine già misteriosamente addotta da Eraclito. “Un fanciullo che parla dall’alto dei cieli”.

L’immagine del Fanciullo divino è universale, sempre ricorrente là dove si voglia indicare il Mistero divino incarnato. Questo Fanciullo non ha nascita, non ha nome, è un presente eterno, inviolato. Il Sabad, la parola dello Yogi che lo incarna, è la sua stessa voce, senza nome. Sabad è dunque la voce stessa della Verità, dell’esperienza del Supremo.

Testo e commento del Gorakh Bani sono pubblicati 

su Satsang.it

Satsang a Pesaro e su Zoom. Percorsi di Meditazione, Dialogo, Conoscenza Sacra.

 

 

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