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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

[Tratto dal saggio di Tom Cheetham “Within This Darkness: Incarnation, Theophany and the Primordial Revelation” http://www.esoteric.msu.edu/VolumeIV/Darkness.htm]

Questa meditazione fu scritta da Henry Corbin nel 1932 sulle rive del Lago Siljan in Svezia all’età di 29 anni. Lui la intitolò ‘Teologia sulle sponde del lago’: “Tutto è rivelazione; esiste solo ri-velazione. Ma la rivelazione proviene dallo Spirito, e non si ha conoscenza dello Spirito.

Presto sarà il tramonto, ma ancora le nuvole sono nitide, i pini non sono ancora immersi nell’oscurità, poiché il lago li illumina in trasparenza. E tutto è verde, squillante come il canto all’unisono di tutte le canne di un organo. Si deve ascoltarlo seduti, molto vicini alla Terra, con le braccia incrociate, gli occhi chiusi, fingendo di dormire.

Non è necessario avanzare imperiosi, come un conquistatore e voler dare un nome alle cose, a tutto; esse ti diranno chi sei, se ascolti, ardendo di desiderio come un amante. Poiché all’improvviso, nell’ininterrotta pace della foresta del Nord, la Terra è venuta a te, visibile come un Angelo che potrebbe essere una donna, e nella sua apparizione, questo verde splendore e la fitta solitudine, sì, l’Angelo è vestito di verde, il verde del crepuscolo, del silenzio e della verità. Allora tutta la dolcezza della resa di un abbraccio trionfa su di te.

La Terra, l’Angelo, la Donna, ognuno è una singolarità che amo e che trovo in questa foresta. Il tramonto sul lago è la mia Annunciazione. La montagna: una linea. Ascolta! Qualcosa sta accadendo! E’ immensa l’aspettativa, l’aria freme per una pioggia sottile e quasi invisibile; le case che si estendono sulla terraferma, il loro legno rosso e rustico, i loro tetti di paglia, sono là, là sull’altra sponda del lago.

Qualcosa inizierà stasera, qualcosa che è stato promesso, in cui io credo. Ah! Questa sera? Quando, allora, questa sera? Se davvero sarà tra poche ore, non sarà mai, poiché necessariamente dovrebbe finire e quindi ricominciare ancora, e mai avrebbe fine e mai avrebbe inizio. Sapete cosa significa aspettare, sapete cosa significa avere fede?

Il mistero della Santa Comunione, al quale sarai accompagnato, cui tutti gli esseri saranno presenti, sì, puoi esprimerlo solo al futuro. Poiché ogni volta che leggi come realmente presente ciò che si trova di fronte a te, quando ascolti l’Angelo, la Terra o la Donna poi ricevi Tutto, Tutto, in assoluta povertà. Ma appena hai letto e ricevuto, appena consideri, appena cerchi di capire, o vuoi possedere, dare un nome e trattenere, per spiegare o conservare, ah! c’è solo un codice cifrato, e il tuo giudizio è già stato pronunciato.

Poiché ad ogni istante sei giudicato e un giorno morirai. Così muori, quando la tua esistenza è definita e realizzata, quando è finita: quello che era non è, vuoi senza rinunce, rinunci senza volere.

No, tu sei il povero, sei un uomo; e lui è Dio, e tu non puoi conoscere Dio, o l’Angelo, o la Terra, o la Donna. Devi essere incontrato, preso, conosciuto affinché essi parlino, oppure sarai solo e forse è meglio così, e sarà sempre così, sempre, e non ci sarebbe eternità per te. Perché sei nato nel peccato commesso prima di te, e Tu hai avuto timore, grande timore, e hai pianto, pianto perché la Terra è immensa, pianto perché la Donna è troppo bella, Pianto perché l’Angelo è invisibile, e perché Tu eri Adamo, e Adamo avrebbe voluto la vita.

Adamo fondò l’Amore, la poesia, la religione perché voleva la vita, voleva essere Dio e voleva parlare a tutti gli esseri. Chiedere; ahimè, solo lui rispondeva. Ascoltare; ahimè, solo lui poteva suonare per se stesso.

Allora, ecco sorgere improvvisamente dal lago un corteo di esseri meravigliosi. Intonavano il canto funebre di Adamo; e poiché Adamo è morto, dall’angoscia molte voci solleveranno in coro: “Cristo è nato! Cristo è sorto!”

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Con queste parole Corbin presenta la visione che dominerà la sua vita. Le scrisse in Svezia, dove si trovava in visita al filologo e storico delle religioni Georges Dumézil e all’orientalista H.S. Nyberg. Nello stesso anno era stato prima in Germania per incontrare Karl Barth. L’anno precedente era a Friburgo per parlare con Martin Heidegger di cui stava traducendo “Cos’è la metafisica?”. Tre anni addietro, a Parigi, Louis Massignon gli aveva dato una copia del libro “La filosofia dell’Illuminazione” del filosofo mistico persiano Suhrawardi, vissuto nel XII secolo. Corbin scriverà molti anni dopo: “attraverso l’incontro con Suhrawardi, il destino spirituale del mio passaggio terreno fu sigillato. Il Platonismo, esposto nei termini dell’angelologia Zoroastrista dell’antica Persia, illuminò il cammino che stavo cercando.”

Nell’immaginazione di quest’uomo straordinario, fin dall’inizio dell’opera che accompagnò la sua intera vita, troviamo una stupefacente varietà di influenze: la teologia cristiana, la fenomenologia di Heidegger e il misticismo islamico fuso nell’angelologia Zoroastriana; il tutto unito ad una profonda reverenza per quella Rivelazione che l’Islam chiama Primordiale: il libro della natura.

Nella cosmologia dell’Avesta l’essere supremo Aura Mazda è circondato da sei celesti Persone di Luce che provvedono all’esistenza e alla salvezza del mondo delle creature; cooperando con esse, le creature partecipano dell’ascensione al cielo da cui sono discese in origine. La ragione della ricerca del ritorno è la condizione impura e conflittuale del mondo, in cui le potenze delle tenebre governate da Ahriman combattono contro le potenze della Luce. Ma in questa battaglia le creature non sono sole. Tra esse e gli Arcangeli della Luce sono schierati innumerevoli esseri celestiali. Tra di essi è il femminile Angelo della Terra, la cui immagine è Sophia, la figura femminile della Sapienza. E ci sono i Fravarti, il cui nome significa “coloro che hanno scelto”, scelto di combattere contro le potenze dell’Oscurità.

Corbin scoprì questa antica cosmologia attraverso l’opera del mistico persiano Shihab al-Din Yahya al-Suhrawardi. Il progetto di Suhrawardi era di fondere l’angelologia zoroastriana con la cosmologia platonica e neoplatonica e con la rivelazione profetica dell’Islam. Suhrawardi per primo articolò con piena padronanza il mondo dell’Immaginario, il luogo intermedio tra sensazione ed intelletto che Corbin chiamerà il mondo ‘imaginale’. Attraverso la percezione imaginale la Luce di Gloria della cosmologia Zoroastriana può essere percepita. Nel mondo imaginale avviene la trasformazione descritta dall’alchimia. E’ questo il luogo della visione dei profeti. La presenza di Dio nel Roveto Ardente, l’apparizione di Gabriele a Maria e a Mohammad, così come tutti gli eventi della storia sacra sono percepiti grazie agli organi percettivi che si affacciano su questo mondo e la sua miriade di esseri luminosi.

Per esperire la Terra come Angelo, ascoltare le voci degli esseri che ci chiamano al tramonto, incontrare un'altra persona in ogni senso possibile, dobbiamo perlomeno percepire le tracce della Luce di Gloria, della Presenza superiore da cui tutti questi discendono. Tutti noi percepiamo eventi nel mondo imaginale, anche solo vagamente, e la possibilità di trasformazione interiore richiede lo sviluppo dei sensi che ci spalanchino pienamente quel mondo.

Per comprendere la critica di Corbin alla civiltà occidentale, dobbiamo considerare il processo di conoscenza rivolto alla Luce di Gloria. Il nostro essere proviene dalla Luce celeste. Nello zoroastrismo si chiama Xvarnah. Nell’Islam è la luce di Allah, la “luce delle luci”. La scienza suprema è la fisiologia del “corpo di luce” che da Esso deriva. E questa fisiologia è il principale argomento del Sufismo centro-asiatico, dell’ordine conosciuto come Kubrawiyyah. Suhrawardi parla della luce veduta dal mistico nel mondo imaginale, ma è l’opera di Najm al-Kubra che descrive in dettaglio la fenomenologia delle luci e dei colori. Tra i suoi seguaci, i due più importanti sono Najim Dayeh Razi e 'Ala al-Dawlah al-Semnani.

I dettagli di questa fisiologia della luce sono complessi e affascinanti. Possiamo cercare di descrivere qui appena l’ossatura del processo di trasformazione del corpo e della mente nel corso del cammino alla ricerca di Dio. La dottrina fondamentale è che “il simile conosce il simile”. Ciò che si conosce corrisponde alla condizione d’essere del conoscitore. Si può conoscere soltanto ciò che si è. Esistono differenti stati dell’essere e mondi cui pervenire. I mondi sono organizzati a livelli gerarchici ascendenti fino al divino. Ma parlare dell’anima e del mondo come due entità distinte può condurre in errore, poiché la separazione tra i due deve essere completamente eliminata. Non abbiamo mai una conoscenza “oggettiva” della realtà. L’anima può conoscere solo ciò che essa è. Corbin scrive:

“Infine ciò che chiamiamo fisica e il piano fisico non è altro che il riflesso del mondo dell’Anima; non vi è una pura fisicità, ma l’esperienza fisica di alcune attività psichiche.”

Solo in apparenza il mondo e l’anima sono distinti. Perché non siamo abbastanza consapevoli. Najm Kubra dice:

“Sappi che l’anima, il diavolo, l’angelo non sono realtà esterne a te: tu sei loro. Allo stesso modo il Cielo, la Terra e il trono non sono all’esterno, non lo sono il paradiso né l’inferno, la vita e la morte. Essi esistono dentro di te; quando avrai terminato il cammino mistico e sarai divenuto puro, avrai piena coscienza di questo.”

Il cammino gnostico è un processo di coscienza che realizza l’interiorizzazione del mondo. Che non significa inghiottire, inglobare all’ego. Questo è quanto sta cercando di fare la cultura moderna. E piuttosto un “fuoriuscire da se stessi”, un esodo fuori dal ristretto e misero mondo della comune e letterale materialità, e una resurrezione nell’unità psicosomatica dell’anima e del mondo.

Questa epistemologia è fondata su una dottrina della partecipazione. La possibilità di conoscere è data dalla nostra partecipazione all’essere della cosa conosciuta. Nella parole di Najm Kubra:

“[…] Maggiore sarà la vostra purezza più puro e radiante sarà il cielo al vostro cospetto, finché alla fine del vostro cammino vi troverete immersi nella Purezza Divina”

Il principio per cui il simile conosce il simile è un principio fondamentale dell’alchimia. Pervenire alla consapevolezza, arrivare a ‘sapere’ è una procedura alchemica che può accadere soltanto attraverso una trasformazione del corpo e del mondo. Richiede lo sviluppo di un corpo sottile, immaginale, una resurrezione del corpo, un raffinamento, e non il rigetto del corpo letterale, materiale, percepibile dai sensi comuni. Questo può avvenire solo per mezzo e nel mondo immaginale. Per Najm Kubra e i suoi seguaci l’acquisizione di un corpo sottile può essere riconosciuta e realizzata per mezzo della percezione immaginale del “fotismo”, delle luci colorate. Esse segnano i passaggi del cammino. Si originano nel mondo pubblico, ma accadono nell’interiorità e ad uso del viaggiatore, come realizzazioni degli stadi di coscienza. Sono perciò interiori, ma non soggettive. Esse si situano nel mondo immaginale ma sono del tutto reali, come lo era il Roveto Ardente, ma non visibili a tutti: sono troppo reali per essere visibili a tutti. Quello che chiamiamo realtà oggettiva non è precisamente falso, ma è una forma inferiore di realtà.

L’alchimia richiede metodo. Il metodo per eccellenza del sufismo è il dhikr, il ricordo di Dio. Dhikr è “la recitazione meditativa del Corano, la preghiera rituale, i nomi di Dio”. L’Islam si fonda sulla rivelazione della Parola di Dio. Il Corano è stato ed è principalmente la sua esperienza orale. La sua origine è stata la parola pronunciata direttamente, e il testo scritto è stato declamato, memorizzato e recitato. L’incarnazione della Parola di Dio è fondamentale per la spiritualità islamica. Dio ha parlato attraverso i profeti, ma canta, parla e materializza i suoi segni nel cielo come nelle anime dei suoi credenti. Ecco perché la recitazione meditata e interiorizzata della Parola può far emergere tremende energie, capaci di trasportare la creazione fino al divino. Ma questo è troppo astratto. Le energie rilasciate dal dhikr non si limitano a sollevare l’anima: la trasformano in un nuovo modo d’essere. Ciò include la trasformazione degli organi di percezione e lo sviluppo di un corpo sottile, in armonia con gli attributi che caratterizzano lo stato dell’anima e il mondo in cui abita. Tra i Kubrawiyyah il dhikr comprende un insieme di tecniche relative alla postura e alla respirazione che servono a sottolineare il radicamento della rimembranza nel corpo.

Il viaggio gnostico non è senza rischi: è facile perdersi in un mondo infinito. Non si tratta di un soggiorno nel vago Paradiso delle forme disincarnate. Più si avvicinano alla divinità, più infinite e più reali e individuali divengono le anime. Infinite perché Dio è Onnicomprensivo. Più definite perché Dio è l’Unificatore, e nella Sua Unicità si fonda l’unicità di ogni essere. Come William Blake sapeva bene, le cose nel mondo immaginale sono più dettagliate, più definite di quelle del mondo pubblico. L’ascesa per i vari livelli dell’essere è l’ascesa verso gli Angeli che definiscono l’ individualità. Lo stato della persona non è già dato: deve essere conquistato. Siamo nati con la libertà di diventare angeli o demoni o qualunque cosa nel mezzo. Il nostro compito è di dirigerci verso la Luce che proviene dalla nostra controparte celeste, il Fravarti, il nostro Angelo, attraverso il quale la Luce del Divino è trasmessa fino a noi.

La scommessa è molto alta e i rischi di perdere la propria via sono tanti. Ecco perché è richiesta una guida. Non si può innalzare sé stessi: ecco la ragione della Rivelazione. Ecco perché i profeti. L’Islam non è una religione della Salvezza, come il Cristianesimo. E’ la religione della guida. Non vi è nell’Islam una dottrina del peccato originale. Se siamo certamente liberi di discendere al livello dei demoni, il nostro problema principale è l’ignoranza e il bisogno costante di ricordare chi siamo e dove dobbiamo dirigerci. Il Corano afferma che per tutti sono stati inviati dei messaggeri. Il lignaggio dei loro discepoli si stabilisce alla guida dopo la loro dipartita. Per la Gente del Libro c’è ovviamente il testo sacro. Per tutti c’è la Rivelazione Primordiale della Natura, che abbiamo dimenticato, perdendo di vista i segni che lì sono custoditi. Corbin era diffidente nei confronti dei maestri umani. Egli riservava nei suoi scritti la preminenza al ruolo del Paracleto, presente sia nella escatologia cristiana che islamica, come la Figura che dischiude il Regno dello Spirito, la Vera Religione e l’Eterno Vangelo. Obiettivo di Corbin era di ricercare liberamente negli insegnamenti di tutti i maestri, senza essere legato a nessuno. Non di meno la gravità dell’opera deve essere riconosciuta. Non si può barare con l’alchimia dell’anima. Corbin dice:

“La serietà del compito dell’Immaginazione è rimarcata dai nostri filosofi quando affermano che può esservi ‘L’Albero dei Beati’ o al contrario ‘L’Albero dei Dannati’ di cui parla il Corano, cioè il potere degli Angeli o dei Demoni. L’immaginario può essere innocuo, l’immaginale non lo è mai.”

Il pellegrino deve confidare nella sua Guida, nella Parola e nel metodo. Suhrawardi disse: “solo il cuore che si tiene saldo alla fune del Corano e alla catena del dhikr” può sfuggire alle trappole dell’oscurità e del male.

Per ritornare alle fasi della ricerca vediamo le dottrine di 'Ala al-Dawlah al-Semnani. Nel suo lavoro la corrispondenza tra la religione profetica e la fisiologia luminosa è particolarmente chiara, e la sua intuizione del significato di Cristo fornisce un punto di partenza per la critica di Corbin alla civiltà cristiana.

Per Semnani le fasi corrispondono ai modi d’essere dei maggiori profeti del lignaggio di Abramo, così come tramandato dalla tradizione islamica. A ciascun profeta, a ciascuna fase corrisponde una luce dal caratteristico colore che appare ai mistici, come gli specifici attributi morali e psicologici. La corrispondenza si verifica poiché lo stato dell’anima è il suo livello di comprensione e di percezione. L’auto-conoscenza che l’anima possiede è il livello stesso della sua conoscenza del suo mondo. Siccome la Parola di Dio prende la forma dei segni sparsi nel mondo, così come dei Testi Rivelati, l’anima “legge” se stessa e il mondo secondo il proprio stadio di avanzamento nella consapevolezza. Questo significa che la profondità di significato che si può discernere dall’esegesi del Corano deve corrispondere all’ermeneutica spirituale che l’anima è in grado di svolgere su se stessa e sul regno della Natura. Ricordiamo la meditazione di Corbin. Egli diceva che è possibile “leggere in verità ciò che si trova davanti” ai propri occhi. Quando leggiamo la natura in questo senso la percepiamo come una persona, un Angelo. Vi sono profonde corrispondenze tra l’alchimia spirituale, l’ermeneutica del Testo Sacro e del Libro della Natura, con la struttura della religione profetica così come si propone nella fisiologia del corpo di luce. Vi è una perfetta corrispondenza tra la nascita, l’iniziazione e la crescita dell’anima lungo il suo cammino ascensionale verso Dio e il ciclo delle profezie della tradizione Abramitica. Per questo motivo l’Imam Jafar poté dire: “L’alchimia è sorella della profezia”

Nella fisiologia mistica di Semnani vi sono sette livelli lungo il cammino verso Dio ed essi sono omologhi ai sette “profeti del tuo essere”. Il primo è Adamo. Il colore dominante in questo stadio è il fumoso grigio-nero. L’organo fisico o centro con cui risuona è il “sottile organo corporeo” o “forma”. Esso deriva direttamente dall’ ‘anima mundi’ ed è ‘la forma embrionale’ che dispone le basi della crescita e della resurrezione del corpo.

Il secondo livello è quello di Noè – il Noè del tuo essere. Il suo colore è il blu e corrisponde al ‘nafs ammara’, la stravagante anima inferiore o ego dell’uomo naturale. E’ passionale e sottoposto al male, e deve essere superato attraverso l’auto-conoscenza.

Il terzo livello è quello di Abramo. Il suo organo è il cuore (qalb). E’ la forma embrionale del Sé celeste, l’Individuo eterno. Il suo colore è il rosso. E’ questa l’”anima pacificata” e l’organo percettivo del mondo immaginale.

Il quarto è il Mosè del tuo essere. Il suo organo è il mistero, il segreto, la soglia della supercoscienza (sirr). Esso è il luogo dell’intima conversazione tra Persone. Il suo colore è il bianco.

Quinto è il nobile spirito (ruh) Giallo è il colore del David del tuo essere.

Il sesto livello segna lo stadio di Gesù. E’ ciò che i latini chiamavano Arcanum, mediante il quale può giungere l’aiuto dello Spirito Santo o del Paracleto. Il suo colore è il nero.

Il livello finale è ovviamente quello di Maometto. E’ lo stadio della verità, la realtà del tuo essere, il vero Sé il cui embrione si trova all’origine, allo stadio di Abramo. Il viaggio, scrive Corbin:

“termina attualizzando, nel microcosmo umano, il vero significato secondo cui la religione di Mohammad origina dalla religione di Abramo, poiché ‘Abramo non era né giudeo né cristiano, ma un puro credente, un musulmano’ (Qur'an 3:60)"

In accordo con l’iconografia musulmana, il colore dello stadio finale è il verde smeraldo. Per Corbin ciò segna l’incontro con la Guida celeste, l’Angelo dell’Umanità – perfettamente individuato e individuale – e l’angelo della Conoscenza, il biblico Angelo del Volto. Questa è la figura di cui Mohammad disse: “Ho visto il mio Signore nella più bella delle forme”. Annunciando, con verità, che la bellezza è la suprema teofania. La fonte coranica per questa Persona è la Sura XVIII. La figura che verrà interpretata come Khidr nella tradizione islamica compare durante un episodio enigmatico. Mosè e il suo servo viaggiano verso “il luogo dove si incontrano due mari”. Là incontrano un messaggero innominato, una guida personale che inizia Mosè alla “scienza della predestinazione. Egli rivela a Mosè la segreta mistica della verità che… trascende la shari'a, e che spiega perciò il motivo per cui la spiritualità inaugurata dal Khidr sia libera dalla servitù della religione letterale.” Il ricercatore nasce nel suo vero sé mediante l’incontro con Khidr, interprete di una legge al di là della Legge, il divino ermeneuta.

Ed ora arriviamo al punto cruciale della questione. Il penultimo stadio, l’essere Gesù, il precursore del Paracleto, è riconosciuto dalla percezione del colore nero. L’esperienza di questa Oscurità è nota ai Sufi della scuola centro-asiatica e ad altri. Per comprendere il significato di questa “oscurità” in prossimità del vertice dobbiamo pensare nei termini di una psico-cosmologia tripartita. Vi è prima di tutti il regno della coscienza, la luce quotidiana del comune essere umano e del mondo degli oggetti comuni, pubblici ed oggettivi. E’ questo il mondo il mondo chiaro e distinto dei letteralisti di ogni sorta: scientisti, dogmatici religiosi, chiunque si affidi ai “fatti puri e semplici” che tutti possono vedere. Ma questo mondo è in realtà un mondo di mescolanza, chiaroscuro, di colori che sfumano nelle ombre. Una dinamica infinitezza di poteri semi-sconosciuti o sconosciuti che pervade ogni cosa, che penetra ogni verità, ogni ego, ogni “oggetto” – presenza e corrispondenza che ci impedisce di conoscere le cose con precisione e certezza. Ma attenzione! Ci sono due generi di oscurità, due sorgenti di smarrimento. Vi è un’Oscurità che è solo Oscurità, che rifiuta la Luce ed è di natura demoniaca, spessa e pesante, estremamente distante dalla Luce. E’ l’oscurità dell’incoscienza che emana dal nemico, l’oscurità di Ahriman, Iblis, Satana. E’ facile confondere questa Oscurità attiva maligna, con quella passiva e inconsapevole della materia come potenziale informe. Lo stato materiale di per sé non è malvagio né particolarmente scuro. L’oscurità attiva del male è l’oscurità e la confusione cui l’anima inferiore, nafs ammara, è suscettibile. E’ un luogo segnato dalla contaminazione e dalla confusione, dalla mancanza di discriminazione delle qualità e delle cose, le une dalle altre; è compito dell’ermeneutica alchemica riportare ogni cosa al proprio posto. Najm Kubra scrive:

“Il solo modo di separare te stesso [da questa oscurità] è agire in modo che ogni parte buona di te si unisca a ciò cui questa bontà appartiene, cioè facendo in modo che ogni parte si congiunga alla sua controparte: la Terra riceva la sua parte terrena, l’Acqua la sua parte acquatica, l’aria la parte aerea, il Fuoco la parte ignea. Quando ciascuno avrà ricevuto ciò che gli spetta, tu sarai finalmente libero dal loro legame.”

E allora l’anima e il suo mondo, lo psico-cosmo , è liberato non soltanto dall’Oscurità, ma per l’Oscurità. Poiché c’è un’altra Oscurità, che non è semplicemente nera, ma è una Notte luminosa, una splendente Nerezza, un’Oscurità a ridosso del vertice. E’ questa la Luce Nera che Corbin chiama sovracoscienza. Se non riconosciamo l’esistenza di questa seconda Oscurità che pervade tutte le cose, la Luce Nera della Notte Divina, resteremo per sempre disorientati in mezzo alle ombre, incapaci di distinguere un’oscurità dall’altra, incapaci di quella trasmutazione dell’anima che ha il suo fine nell’incontro con il Sé celeste e la nascita della Terra Celeste.

L’apparizione della Luce Nera segna un momento di estremo pericolo. Siamo circondati dai pericoli: Dio e il Demonio. Questa splendente Luce Nera annuncia l’annichilimento dell’ego di fronte alla Divina Presenza. Rivela l’inconoscibile origine del potere divino, della gloria e della bellezza. Annuncia il Nulla che esiste dietro ogni essere, dietro alle luci meravigliose della materia sottile. La Luce Nera segna la regione dell’Assoluto, il Deus Absconditus, il Dio sconosciuto e inconoscibile.

Corbin indica come una delle più evidenti differenze tra il filosofo e lo gnostico si trova nel modo in cui si incontra e si esperisce questo Dio assente. Scrive, “ciò che per il filosofo è il dubbio, l’impossibilità di prova, è per [lo gnostico] assenza ed esperienza” L’esperienza del vuoto o dell’umano abbandono in un universo senza significato è concepita in maniera totalmente differente dal filosofo e dallo gnostico. Continua,

“Ciò che sperimentiamo come un’ossessione del nulla o come acquiescenza nel non essere oltre il quale non abbiamo più alcun potere, era per loro una manifestazione dell’ira divina, l’ira del mistico Amato. Ma era anche questa una Presenza reale, la presenza di quell’Immagine che mai abbandonava i nostri Sufi”.

Un modo dell’apparizione del Divino è il ritirarsi, fino al nulla.

Najm Razi collega l’esperienza delle luci soprasensibili del cammino mistico ad una delle dottrine fondamentali della teologia Islamica, la dottrina dei Nomi di Dio. I Nomi o attributi di Dio ricadono in due grandi categorie: i Nomi di Maestà e i Nomi di Bellezza. I Nomi di Maestà esprimono l’ira di Dio, il rigore, l’inaccessibilità e la sublimità, i Nomi di Bellezza la Sua gentilezza, misericordia e vicinanza. Per Najm Razi le teofanie delle luci divine sono divise allo stesso modo: Luci di Bellezza e Luci di Maestà. Diversamente dall’Oscurità di Ahrimanian che può essere sopravanzata ed eliminata dal pellegrino spirituale, la Luce Nera della Maestà è inseparabile dalla Luce di Bellezza. Corbin scrisse che Maestà e Bellezza

“sono le due grandi categorie di attributi che si riferiscono rispettivamente all’Essere divino quale Deus Absconditus e Deus Revelatus, essendo la Bellezza la teofania suprema, la divina auto-rivelazione. In fatti sono inseparabili ed esiste una costante interrelazione tra l’inaccessibile Maestà della Bellezza e l’affascinante Bellezza della Maestà.”

Questa dualità è la caratteristica centrale di tutta la Creazione: “senza il fiorire della Bellezza come teofania, l’uomo non potrebbe affacciarsi alla sublimità del Deus absconditus” e senza il Deus Absconditus non esisterebbe alcun mondo creato. Questa divinità nascosta è l’essere-al-di-là della teologia negativa o apofatica. Corbin scrive:

“Ogni dottrina metafisica che tenta la spiegazione totale dell’universo, si trova nella necessità di affermare qualcosa sul ‘nulla’, o piuttosto, di affermare tutto sul nulla, poiché il principio iniziale da cui il mondo deriva, e che deve essere spiegato, non deve mai essere qualcosa di contenuto in questo mondo, e simultaneamente è necessario che questo principio possieda tutto ciò che serve a spiegare in una volta sola l’essere e l’essenza del mondo. E’ necessario che questo principio sia allo stesso tempo ‘tutto’ e ‘nulla’, nihil a quo omnia fiunt, un nulla da cui tutto deriva. E questo il nulla del Divino Assoluto, superiore all’essere e al pensiero.”

L’assoluto Divino da cui tutto deriva fornisce l’energia per l’esistenza di tutta la Creazione. E’ la sorgente da cui tutto emana, e corrisponde per Corbin alla Luce di Gloria, lo Xvarnah dello Zoroastrismo, il potere che porta tutto ad essere. La Divinità al-di-là-dell’-essere è assoluta e assolutamente annichilente. Avvicinandocisi troppo il soggetto umano scompare: la Luce Nera “fa ardere il fuoco dell’essere mistico; non è contemplata; attacca, invade, annichilisce, poi annichilisce l’annichilimento. Distrugge la ‘suprema teurgia’, quindi l’apparato dell’organismo umano.”

L’archetipo del viaggio mistico nell’Islam è il miraj di Mohammad, la sua ascesa all’Assoluto, mediato da Gabriel, l’Angelo dell’Umanità, della Conoscenza e della Rivelazione. Nel miraj il momento del più grande pericolo è la penetrazione oltre ciò che il Corano chiama “il Loto del Limite” in cui accade il fana fi'llah, l’annichilimento dell’anima e la sua resurrezione in Dio. Questa ordalia è l’esperienza di morte di cui i Profeti dicono: “devi morire prima di morire”. Corbin scrisse della grande sfida mistica “Potrebbe finire inghiottito dalla demenza o riuscire a rialzarvisi, iniziato al significato delle teofanie e delle rivelazioni.” Questa resurrezione in vita è l’annichilimento dell’annichilimento. Significa il riconoscimento dell’Inconoscibile in un “supremo atto di rinuncia metafisica”. Questo è il vero significato di povertà, il darwish della lingua persiana.

La povertà metafisica è il vero stato di ogni essere: ogni oggetto della creazione ha ‘nulla’ in sé, ed è ‘nulla’ in sé. Il mistico sciita del XVII sec., Mir Damad udì “il grande clamore occulto dell’essere” il “silenzioso clamore del loro bisogno metafisico” che esperì come la musica dell’angoscia cosmica e come un’improvvisa luce nera che invadeva l’intero universo. Si tratta della percezione diretta di ciò che la filosofia razionale chiama la contingenza dell’essere. E’ l’esperienza dietro la grande domanda della metafisica “Perché c’è qualcosa invece di nulla?”. Per lo gnostico assume la forma di una sconvolgente esperienza di annichilimento e terrore, mancando tutte le solide fondamenta su cui l’ego e il mondo convenzionale sono costruiti. Nelle parole di Corbin,

“La Luce Nera rivela il vero segreto dell’essere, […]; tutti gli esseri hanno una doppia faccia, una di luce una di oscurità. La faccia luminosa, la faccia del giorno, è la sola che si percepisce nella vita comune degli uomini. La loro faccia oscura, che solo i mistici percepiscono, è la loro povertà. La totalità del loro essere è [composta da] il volto del giorno e quello della notte”.

E allo stesso tempo, questo assoluto al di là dell’essere è anche, nella tradizione abramitica, il Soggetto Assoluto. Il datore d’essere non può mai essere un oggetto, una cosa, un essere. Nella sua infinita fecondità e mistero, è la profondità dell’allontanamento continuo e l’assoluta Unità, è l’unificatore e l’archetipo della Persona, e di quella personalità e interiorità che infonde in tutti gli esseri della Terra, percepita ed esperita come Angelo.

Il volto duale di ogni essere esprime la necessità di due tipi di teologia: affermativa (katafatica) e negativa (apofatica). Entrambe sono indispensabili. Esse si compenetrano allo stesso modo degli attributi di Maestà e Bellezza. La teologia positiva isolatamente diventa positivismo. Dogmi e idoli che spuntano ovunque. La teologia negativa da sola non può dischiudere la bellezza, il Tesoro che desidera essere conosciuto. Senza l’equilibrio dato dalla percezione dei Nomi di Bellezza, la teologia apofatica non è in grado di distinguere tra il Deus Absconditus e l’abisso del nichilismo. Deve collassate nella cecità, nella negazione e nell’amarezza per finire nel nichilismo puro e semplice. Solo con la percezione dell’indissolubile unità delle due facce dell’essere nella creazione, la povertà dell’anima umana e del mondo, possiamo cogliere la bellezza, la vitalità e la personificazione delle cose del mondo. E’ solo dalla continua percezione della bellezza-nella-povertà che le nostre certezze, i nostri attaccamenti, la durezza del nostro cuore possono essere completamente cancellati.

Tratto dal saggio di Tom Cheetham “Within This Darkness: Incarnation, Theophany and the Primordial Revelation” http://www.esoteric.msu.edu/VolumeIV/Darkness.htm

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